venerdì 29 marzo 2013

L' OMOSESSUALITA' NELLE RELIGIONI ABRAMITICHE E NELLA STORIA DELLUMANITA'

(La distruzione di Sodoma e Gomorra, John Martin, 1852)

La forma ordinata della sessualità umana è fissata sin dal momento della Creazione. In Genesi 1, 27 è scritto: “Dio creò l’uomo a sua immagine; ad immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò”.
La bipolarità complementare dei sessi costituisce, secondo la Creazione, la condizione indispensabile per la trasmissione e la prosecuzione della vita animale. La necessità di tale condizione è ribadita in Genesi 2, 18 - 25 : il Signore si rende conto di dover dare un aiuto ad Adamo che ha il compito di coltivare e custodire il giardino dell’Eden, un aiuto che fosse a lui simile: ebbene, questo aiuto non glielo dette maschio, ma femmina. Dunque, nel disegno creativo dell’uomo non c’è posto per la omosessualità: la concezione divina dell’uomo è eterosessuale e, per di più, omofoba, come vedremo.
Nella Bibbia, come nel mondo antico, non c’è un termine per designare l’omosessualità. La parola ”omosessualità” fu coniata soltanto nel 1869 da un medico ungherese, Karoly M. Benkert, che in una pubblicazione in tedesco la usò per designare “individui di sesso maschile e femminile” che ”dalla nascita”sono orientati eroticamente verso il proprio sesso”. Tantomeno si parla di sessualità come condizione o orientamento omo-sessuale o etero-sessuale.
Quello di ‘sessualità’ è un concetto astratto di cui siamo debitori alle moderne analisi e teorie psicologiche. Lo stesso vale ovviamente, per i concetti di ‘eterosessualità’, di ‘omosessualità’ e ‘bisessualità’: nel mondo antico non esistevano termini per designarli. Era universalmente dato per presupposto che tutti fossero ‘eterosessuali’, nel senso di congenitamente (naturalmente) predisposti al congiungimento fisico col sesso opposto. Così non esistono passi biblici sull’omosessualità intesa come ‘condizione’ o ‘orientamento’.

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Tutta la Sacra Scrittura condanna la pratica omosessuale, come la intendiamo oggi, in quanto costituita da atti depravati, nel senso di atti contro Dio e contro Natura.
Se avrai con maschio relazioni come si hanno con donna è abominio.” (Lv 18, 22).
Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro.” (Lv 20, 13).
I due versetti sono all’interno della Legge di Santità (Lv 17-26) che parla della purità rituale e cultuale che permette di avvicinarsi a Dio. Infatti, in Levitico 18 e 20 si argomenta a partire dalla santità di Dio. Qui la pratica omosessuale – come anche l’immolazione dei bambini, l’evocazione degli spiriti, i rapporti sessuali con parenti prossimi o con una donna durante le mestruazioni – appare come una grave infrazione della sfera divina della santità. Quest’ultima va intesa a sua volta come una ‘zona di forza divina’ o come un ‘campo di forza di Dio’ (cfr. E. Gerstenberger, "Teologia ell'Antico Testamento. Pluralità e sincretismo della fede veterotestamentaria"), dalla cui integrità dipende la vita del popolo o della comunità. Ma ciò significa che le affermazioni di Lv 18, 22 e 20, 13 tematizzano l’omosessualità sotto la prospettiva di una possibile infrazione dell’ordine della sfera vitale creata e protetta da Dio e non dal punto di vista della (possibile) configurazione etica di una relazione omosessuale. Quindi, la impurità attiene alla promiscuità della specie, perché la promiscuità generava sporcizia fisica e di conseguenza impossibilità di partecipare al culto, di stare alla presenza di Dio, il Santo, l’incontaminato: “Essere puri significava essere un esemplare incontaminato di una certa specie, che non avesse promiscuità con altre specie (il che avrebbe comportato la contaminazione). In questo contesto, perciò, ‘corruzione’ non significa corruzione morale, ma sporcizia in senso letterale, fisico. E’ questa la ragione per cui la Legge di Santità proibisce per esempio di accoppiare ‘bestie di specie differenti’, di seminare il proprio campo ‘con due specie di semi’, di indossare una ‘veste tessuta di due diverse materie" (Lev 19, 19)” (v. AA. VV., “Bibbia e omosessualità”, Ediz. Claudiana) ).
Non si tratta perciò di impurità morale, etica, a livello di peccato, ma di contaminazione, impurità che indica sporcizia in senso letterale, fisico: ”Osservate le mie leggi. Non accoppierai bestie di specie differenti; non seminerai il tuo campo con due sorta di seme, né porterai veste tessuta di due diverse materie”(Lev 19, 19).
In questo contesto culturale e cultuale occorre interpretare le proibizioni del Levitino circa la omosessualità.
Secondo l’esegesi protestante i rapporti omosessuali, di cui parla il Levitico, sono contaminati e proibiti perché fatti in modo non naturale: uno dei due partner giace nella posizione della donna, assume un ruolo passivo, recettivo. Lo dice alla lettera il testo ebraico: Esse, le proibizioni del Levitico, condannano i rapporti sessuali tra due individui di sesso maschile perché in simili atti uno dei due partner deve – come dice letteralmente l’ebraico – “giacere la giacitura (o nella posizione) di una donna” (Lev 20, 13). In questo modo, secondo la concezione ebraica antica, la virilità di quel partner restava compromessa: egli non era più un esemplare incontaminato della sua specie, ed essendo contaminato, tutto l’atto risultava impuro: e così anche l’altro partner.
E’ importante osservare che questa norma del Levitico non prende in considerazione in modo specifico il problema di cosa sia ‘buono’ o ‘giusto’ o ‘amorevole’. L’unica sua preoccupazione è la purità, intesa in un senso oggettivo e letterale. E’ anche per questo motivo che la proibizione è così assoluta e priva di ulteriori specificazioni. L’identità dei due individui di sesso maschile non ha importanza, né conta la loro età, la natura della relazione che li lega, se ci sia stato reciproco consenso. L’unica cosa che ha importanza è che uno di loro verrebbe fisicamente contaminato dall’assunzione del ruolo femminile, e in tal modo contaminerebbe l’atto stesso e il suo partner.
Ma è anche importante osservare che, secondo l’esegesi cattolica dai due brani del Levitico, non si può dedurre una condanna chiara dell’omosessualità, infatti potrebbe trattarsi della proibizione della prostituzione sacra maschile: La condanna non viene motivata e neppure posta in relazione con l’ordinamento della creazione. Non è possibile affermare con sicurezza che il divieto riguardi l’omosessualità in genere o una forma specifica di prostituzione cultuale (maschile) (cfr. Deut 23, 18s; 1Re 15, 12; 2Re, 23, 7). La relazione con la prostituzione sacra praticata a Canaan può permettere un’ interpretazione dell’omosessualità come mancanza contro la purezza della fede di Jahvé e non da ultimo, a causa della grande stima degli ebrei per il matrimonio e la famiglia - come espressione tipica dell’immoralità dei pagani.

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Nella Bibbia ebraica l’omosessualità è particolarmente colpevolizzata in  Genesi 19, 1-13 : “1 due angeli arrivarono a Sòdoma sul far della sera, mentre Lot stava seduto alla porta di Sòdoma. Non appena li ebbe visti, Lot si alzò, andò loro incontro e si prostrò con la faccia a terra. 2 E disse: «Miei signori, venite in casa del vostro servo: vi passerete la notte, vi laverete i piedi e poi, domattina, per tempo, ve ne andrete per la vostra strada». Quelli risposero: «No, passeremo la notte sulla piazza». 3 Ma egli insistette tanto che vennero da lui ed entrarono nella sua casa. Egli preparò per loro un banchetto, fece cuocere gli azzimi e così mangiarono. 4 Non si erano ancora coricati, quand'ecco gli uomini della città, cioè gli abitanti di Sòdoma, si affollarono intorno alla casa, giovani e vecchi, tutto il popolo al completo. 5 Chiamarono Lot e gli dissero: «Dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi, perché possiamo abusarne!». 6 Lot uscì verso di loro sulla porta e, dopo aver chiuso il battente dietro di sé, 7 disse: «No, fratelli miei, non fate del male! 8 Sentite, io ho due figlie che non hanno ancora conosciuto uomo; lasciate che ve le porti fuori e fate loro quel che vi piace, purché non facciate nulla a questi uomini, perché sono entrati all'ombra del mio tetto». 9 Ma quelli risposero: «Tirati via! Quest'individuo è venuto qui come straniero e vuol fare il giudice! Ora faremo a te peggio che a loro!». E spingendosi violentemente contro quell'uomo, cioè contro Lot, si avvicinarono per sfondare la porta. 10 Allora dall'interno quegli uomini sporsero le mani, si trassero in casa Lot e chiusero il battente; 11 quanto agli uomini che erano alla porta della casa, essi li colpirono con un abbaglio accecante dal più piccolo al più grande, così che non riuscirono a trovare la porta. 12 Quegli uomini dissero allora a Lot: «Chi hai ancora qui? Il genero, i tuoi figli, le tue figlie e quanti hai in città, falli uscire da questo luogo. 13 Perché noi stiamo per distruggere questo luogo: il grido innalzato contro di loro davanti al Signore è grande e il Signore ci ha mandati a distruggerli”.
Secondo gli esegeti, questo racconto non ha lo scopo diretto di dare un giudizio morale su un comportamento omosessuale, non stigmatizza una pratica omoerotica. Riporta invece l’intenzione dei cittadini di Sodomia di fare violenza a degli stranieri, ai quali invece si doveva ospitalità e protezione, secondo la cultura del tempo. Quindi direttamente viene colpito il peccato gravissimo di inospitalità (cfr. Sap 19, 13-17). L’ accenno allo stupro dei due uomini sarebbe secondario:
“Il fatto che l’aggressione, se fosse riuscita, avrebbe comportato lo stupro dei due ospiti maschi di Lot da parte di una banda di altri maschi sarebbe solo un dato accessorio del racconto. A quanto pare gli uomini di Sodomia avevano intenzione di trascorrere una ‘notte brava’, e gli inermi ospiti di Lot erano parsi un obiettivo atto alla bisogna” (Bibbia e omosessualità, op.cit.).
L’ospitalità era così sentita presso gli orientali e il rispetto della donna così basso, che Lot, per tutelare gli ospiti, è disposto a prostituire le figlie.
A conferma di questa interpretazione starebbe il fatto che in seguito, nella Bibbia, si riporta questo episodio senza parlare del progettato stupro. In Ezechiele il peccato di Sodomia è presentato come peccato di avidità e di indifferenza nei riguardi del povero: “Ecco questa fu l’iniquità di tua sorella Sodoma: essa e le sue figlia avevano superbia, ingordigia, ozio indolente, ma non stesero la mano al povero e all’indigente” (Ez 16, 49). In Matteo e Luca il fatto di Sodoma è riportato in un contesto di mancata ospitalità: (Mt, 10, 12-15; Lc, 10, 10-12). In Giuda si parla di Sodoma e Gomorra come città che hanno commesso vizi contro natura: “Così Sodoma e Gomorra e le città vicine, che si sono abbandonate stanno come esempio subendo le pene di un fuoco eterno” (v. cap.7).
Che cosa si intenda per “contro natura”appare da una nota della Bibbia di Gerusalemme: “Vizi contro natura: alla lettera una ‘carne diversa’: una carne che non era umana, perché il loro peccato era consistito nel voler abusare degli angeli” (Gen 19,1-11, Bibbia di Gerusalemme, nota 7.).
Per questi autori sacri quindi il peccato di sodomia consiste nel fatto che esseri mortali vollero fare violenza a esseri immortali, a degli angeli.
Esegeti cattolici e protestanti a concordano su questa interpretazione: “In Genesi 19 viene raccontata la distruzione di Sodoma . In primo piano c’è l’inviolabilità del diritto di ospitalità, che viene santificato, e non l’omosessualità. La successiva tradizione dell’Antico e del Nuovo Testamento non ricorda mai la proibizione dell’omosessualità quando accenna a Sodoma (cfr. Is, 3, 9; Ger, 23, 14; Ez, 16, 49s; Sir, 16 ,8). Inoltre lì si tratta di violenza sessuale, ma anche della mescolanza di sfere proibite, di uomini con angeli. Quindi è molto discutibile che in Genesi 19 si condanni l’omosessualità” (cfr. AA.VV. : “Il posto dell’altro, le persone omosessuali nelle Chiese cristiane”, edizioni la Meridiana).
Insomma, tutti i commenti sottolineano che per l'autore la colpa più grave è la violazione dell'ospitalità, che nella cultura del tempo, data l'insicurezza totale in cui veniva a trovarsi un viandante, era considerata particolarmente vincolante. Per questo l'indifferenza di Lot nei confronti delle due figlie appare scusabile, essendo considerata l'estremo rimedio per evitare un male più male più grave. Tuttavia basta questa scelta, che a fatica si potrebbe far rientrare in un'applicazione del principio del duplice effetto, del quale era certamente ignaro l'autore, per dimostrare che non può avere alcun rilievo morale permanente una visione delle cose nella quale il rispetto dell'ospite è ritenuto superiore al rispetto per le giovani figlie. Sono esecrabili i sodomiti, ma non è certo Lot a dare un buon esempio di come reagire alla violenza e alla paura. Lot, del resto, in tutte le vicende che lo riguardano, è sempre raffigurato come un irresoluto, incapace di percepire la gravità delle situazioni, tanto che fra poco i due angeli dovranno costringerlo a fuggire in tempo, vincendo i suoi tentennamenti inconcludenti, e poi concedergli di fermarsi a Zoar, perché non ha forza di raggiungere la montagna. Là saranno le figlie a prendere l'audace iniziativa di farsi mettere incinte da lui per avere discendenza. La famiglia di Lot non è certo un esempio di moralità.

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Ma nel capitolo 19 del libro dei Giudici si racconta una vicenda simile a quella di Sodoma, ma nella quale i protagonisti gli abitanti Beniamiti di Betlemme, che il testo definisce "figli di Belial", per dire che sono pari ai peggiori idolatri. Leggiamo il capitolo:
1 In quel tempo, quando non c'era un re in Israele, un levita, il quale dimorava all'interno delle montagne di Efraim, si prese per concubina una donna di Betlemme di Giuda. 2 Ma la concubina in un momento di collera lo abbandonò, tornando a casa del padre a Betlemme di Giuda e vi rimase per quattro mesi. 3 Suo marito si mosse e andò da lei per convincerla a tornare. Aveva preso con sé il suo servo e due asini. Ella lo condusse in casa di suo padre; quando il padre della giovane lo vide, gli andò incontro con gioia. 4 Suo suocero, il padre della giovane, lo trattenne ed egli rimase con lui tre giorni; mangiarono e bevvero e passarono la notte in quel luogo. 5 Il quarto giorno si alzarono di buon'ora e il levita si disponeva a partire. Il padre della giovane disse: «Prendi un boccone di pane per ristorarti; poi, ve ne andrete». 6 Così sedettero tutti e due insieme e mangiarono e bevvero. Poi il padre della giovane disse al marito: «Accetta di passare qui la notte e il tuo cuore gioisca». 7 Quell'uomo si alzò per andarsene; ma il suocero fece tanta insistenza che accettò di passare la notte in quel luogo. 8 Il quinto giorno egli si alzò di buon'ora per andarsene e il padre della giovane gli disse: «Rinfràncati prima». Così indugiarono fino al declinare del giorno e mangiarono insieme. 9 Quando quell'uomo si alzò per andarsene con la sua concubina e con il suo servo, il suocero, il padre della giovane, gli disse: «Ecco, il giorno volge ora a sera; state qui questa notte; ormai il giorno sta per finire; passa la notte qui e il tuo cuore gioisca; domani vi metterete in viaggio di buon'ora e andrai alla tua tenda». 10 Ma quell'uomo non volle passare la notte in quel luogo; si alzò, partì e giunse di fronte a Iebus, cioè Gerusalemme, con i suoi due asini sellati, con la sua concubina e il servo. 11 Quando furono vicino a Iebus, il giorno era di molto calato e il servo disse al suo padrone: «Vieni, deviamo il cammino verso questa città dei Gebusei e passiamovi la notte». 12 Il padrone gli rispose: «Non entreremo in una città di stranieri, i cui abitanti non sono Israeliti, ma andremo oltre, fino a Gàbaa». 13 Aggiunse al suo servo: «Vieni, raggiungiamo uno di quei luoghi e passeremo la notte a Gàbaa o a Rama». 14 Così passarono oltre e continuarono il viaggio; il sole tramontava, quando si trovarono di fianco a Gàbaa, che appartiene a Beniamino. Deviarono in quella direzione per passare la notte a Gàbaa. “15 Il levita entrò e si fermò sulla piazza della città; ma nessuno li accolse in casa per passare la notte. 16 Quand'ecco un vecchio che tornava la sera dal lavoro nei campi; era un uomo delle montagne di Efraim, che abitava come forestiero in Gàbaa, mentre invece la gente del luogo era beniaminita. 17 Alzati gli occhi, vide quel viandante sulla piazza della città. Il vecchio gli disse: «Dove vai e da dove vieni?». 18 Quegli rispose: «Andiamo da Betlemme di Giuda fino all'estremità delle montagne di Efraim. Io sono di là ed ero andato a Betlemme di Giuda; ora mi reco alla casa del Signore, ma nessuno mi accoglie sotto il suo tetto. 19 Eppure abbiamo paglia e foraggio per i nostri asini e anche pane e vino per me, per la tua serva e per il giovane che è con i tuoi servi; non ci manca nulla». 20 Il vecchio gli disse: «La pace sia con te! Prendo a mio carico quanto ti occorre; non devi passare la notte sulla piazza». 21 Così lo condusse in casa sua e diede foraggio agli asini; i viandanti si lavarono i piedi, poi mangiarono e bevvero. 22 Mentre aprivano il cuore alla gioia ecco gli uomini della città, gente iniqua, circondarono la casa, bussando alla porta, e dissero al vecchio padrone di casa: «Fa' uscire quell'uomo che è entrato in casa tua, perché vogliamo abusare di lui». 23 Il padrone di casa uscì e disse loro: «No, fratelli miei, non fate una cattiva azione; dal momento che quest'uomo è venuto in casa mia, non dovete commettere questa infamia! 24 Ecco mia figlia che è vergine, io ve la condurrò fuori, abusatene e fatele quello che vi pare; ma non commettete contro quell'uomo una simile infamia». 25 Ma quegli uomini non vollero ascoltarlo. Allora il levita afferrò la sua concubina e la portò fuori da loro. Essi la presero e abusarono di lei tutta la notte fino al mattino; la lasciarono andare allo spuntar dell'alba. 26 Quella donna sul far del mattino venne a cadere all'ingresso della casa dell'uomo, presso il quale stava il suo padrone e là restò finché fu giorno chiaro. 27 Il suo padrone si alzò alla mattina, aprì la porta della casa e uscì per continuare il suo viaggio; ecco la donna, la sua concubina, giaceva distesa all'ingresso della casa, con le mani sulla soglia. 28 Le disse: «Alzati, dobbiamo partire!». Ma non ebbe risposta. Allora il marito la caricò sull'asino e partì per tornare alla sua abitazione. 29 Come giunse a casa, si munì di un coltello, afferrò la sua concubina e la tagliò, membro per membro, in dodici pezzi; poi li spedì per tutto il territorio d'Israele. 30 Agli uomini che inviava ordinò: «Così direte ad ogni uomo d'Israele: È forse mai accaduta una cosa simile da quando gli Israeliti sono usciti dal paese di Egitto fino ad oggi? Pensateci, consultatevi e decidete!». Quanti vedevano, dicevano: «Non è mai accaduta e non si è mai vista una cosa simile, da quando gli Israeliti sono usciti dal paese d'Egitto fino ad oggi”.
Qui è ancor più chiaro che quel che gli uomini iniqui vogliono è abusare dell'ospite. Infatti chiedono all'inizio di conoscere l'uomo arrivato in città, poi rifiutano la figlia vergine dell'ospitante, ma, alla fine, si sfogano con la concubina dello straniero fino a farla morire per le violenze subite. Più che omosessuali sono degli assatanati bisessuali per i quali va bene tutto, purché sia un forestiero da massacrare. Il brano è, uno dei più terribili dell'intera Bibbia ebraica. Come spiegare il comportamento del vecchio che ospita il Levita il quale, in cambio dell’ospite, offre la figlia vergine alle voglie immonde dei Beniamiti, così come Lot aveva offerto le due figlie, altrettanto vergini, per placare la libidine dei Sodomiti? E come spiegare il comportamento dello stesso Levita che, alla fine, sacrifica la propria concubina/moglie. Sembra quasi un'usanza quella di offrire le proprie figlie vergini e le mogli per calmare le voglie del branco, donne usate come animali da sacrificare.
Ma la seconda storia fa ancor più rabbrividire ed angosciare, perché è la storia di una donna senza nome e senza voce, che ad un certo punto della sua vita ha a che fare con uomini che di umano non hanno nulla. Tutto comincia con un suo gesto di liberazione, impensabile per l’epoca : fugge di casa e torna dal padre. Perché fugge non è detto ma dal comportamento successivo del marito, intuiamo uno scenario di violenza e sopraffazione. Dopo quattro mesi, l’uomo la raggiunge "per parlare al suo cuore", perché torni a casa. Ma non parla affatto al suo cuore. Non ha rimorsi, non vuole ricominciare con lei una storia diversa ma solo riaffermare il suo diritto di proprietà. Il padre non ha il coraggio di andare contro le regole del tempo. Col genero è gentile e ospitale. In difesa della figlia non dice una parola. Dopo quattro giorni il marito decide di partire senza interrogarsi sulla volontà della donna e la storia diventa sempre più angosciante. La notte li coglie per la strada, un vecchio si offre di ospitarli. Avete letto quello che poi succede. La donna è buttata fuori casa e violentata tutta la notte. Abbandonata a se stessa dal padre, buttata in strada dal marito, violentata da una masnada di uomini, non può che raggiungere la casa da cui è stata messa fuori. Ma la porta è chiusa. Senza forze, crolla a terra. Al mattino il marito la vede lì, dentro di lui non si smuove niente, non si avvicina, non si piega su di lei, non dice una parola di rimorso, non compie nessun gesto che lasci trasparire un po’ d’umanità L’unica cosa che fa è ancora comandare : “Alzati e partiamo”. La donna, senza forze, non può scattare all’ordine ricevuto.. Lui la carica sull’asino e parte. A casa la fa a pezzi - il testo non ci dice se morta o ancora viva - e la manda pezzo per pezzo alle 12 tribù d’Israele per far sapere l’ingiuria subita: il suo onore è stato offeso, la sua vita messa in pericolo, la sua proprietà danneggiata. A lei non è successo niente.

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Dai racconti riportati emerge che per l'Ebraismo la violenza per finalità omosessuali, non l'omosessualità in se stessa, diviene lo stereotipo che riassume la massima degradazione morale. Il contesto di violenza e disprezzo dell'ospite straniero con cui è connotata nel testo l'intenzione dei sodomiti mette in secondo piano l'omosessualità. Quello che i sodomiti vogliono è maltrattare e umiliare degli stranieri: che questo avvenga con violenze sessuali può aggravare la loro malizia, ma non costituisce l'essenza della loro malvagità. A riprova di questo sta il fatto che, nelle numerosissime ricorrenze in cui nell'Antico Testamento è citata Sodoma (si pensi alle invettive isaiane contro Gerusalemme) le colpe che si denunciano come evocative di quella città sono crimini contro mi poveri, la giustizia, il rispetto dei diritti all'interno delle comunità, ma non sono mai evocati disordini di tipo omosessuale.
All'interno della Bibbia vi sono molte denuncie contro la gravità della violenza immotivata come, ad esempio, le deportazioni di popolazioni inermi, lo sventramento di donne incinte, l'uccisione di neonati, la profanazione di cadaveri e, per alcuni di questi si può vedere “Am 1,6.9.13; 2,1.”
L'omosessualità è vista nei nostri racconti come uno dei mezzi per esercitare la violenza: è stata utilizzata probabilmente perché, nell'atmosfera generalmente pacifica dell'età patriarcale, non erano verosimili altre deviazioni o violenze. E' un motivo che si presta ad essere riutilizzato quando si vuol descrivere una colpa non dei re o degli stati ma dei singoli. Il fatto che risulti istintivamente ripugnante alla maggioranza delle persone, lo rende un tema particolarmente utile per tutti i testi in cui si ha di mira l'effetto e si vogliono suscitare reazioni emotive. Ma una geniale trovata a livello letterario ed espressivo non implica valenze morali particolari. L'omosessualità è un male morale fra i tanti che l'Antico Testamento conosce: ebbe la ventura di prestarsi alla buona riuscita di una narrazione che ebbe successo e celebrità, ma questo non basta a farla diventare una deviazione peggiore di altre. Si deve anche precisare gli episodi raccontati condannano la violenza omosessuale, non l'amore omosessuale, che è tutt'altra cosa e che potrà essere riprovato per altre ragioni, non sulla base degli stessi.
D’altra parte anche l'amicizia di Davide e Gionata viene celebrata servendosi di qualche tonalità erotica, il che è diverso da omosessualità praticata, può anche darsi. Ma filologicamente ed esegeticamente è arduo determinare se frasi come "l'animo di Gionata si legò all'animo di Davide fino ad amarlo come se stesso" (1Sam 18,1; cf. 18,3; 19,1; 20,41) oppure "la tua amicizia era per me preziosa più che amore di donna" (2Sam 1,26) siano qualcosa di più che semplici iperboli. Del resto anche dimostrare che nell'Antico Testamento poteva essere giudicato non immorale un amore omosessuale tra due giovani non significa assolutamente nulla per la costruzione di un discorso morale. L'Antico Testamento è pieno di proibizioni che non hanno seguito nel Nuovo e tollera o esalta scelte di vita, come la poligamia e il concubinato, che sono escluse nel Nuovo. Decreta la morte Decreta la morte per una quantità di trasgressioni, ma nessuno oggi fa appello a quei testi per sostenere la legittimità della pena di morte.

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Anche il Cristianesimo si occupa dei sodomiti. Leggiamo Paolo, 1 Corinzi, 6, 9-10 : “O non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio”.
I versetti contengono uno dei tanti elenchi di peccati in opere pagane, giudaiche e cristiane del primo secolo (cfr. Rm 1, 29-31; Gal, 5, 19-21; 1Cor, 5, 11). Questo elenchi non coincidono e non sono completi.
In 1Cor, 6, 9-10 ci sono due parole per indicare uomini che praticano rapporti omosessuali: 1) Effeminati (in greco malakoi, in latino molles): erano uomini dai modi femminili oppure uomini che nel rapporto sessuale tra maschi assumevano un ruolo passivo. Oppure si tratta di adolescenti che stavano con uomini maturi, per denaro (male prostitutes, prostituti); 2) Sodomiti (in greco arsenokoitai, in latino masculorum concubitores) : il termine greco è composto da due parole che indicano maschio e letto; l’espressione è la prima volta che si trova nel Nuovo Testamento. Il senso è quindi di un maschio che ha rapporti sessuali con un altro maschio.
La stessa parola si trova in 1Tm. 1, 9-10: “Sono convinto che la legge non è fatta per il giusto, ma per gli iniqui e i ribelli, per gli empi e i peccatori, per i sacrileghi e i profanatori, per i parricidi e i matricidi, per gli assassini, i fornicatori, i pervertiti, i trafficanti di uomini, i falsi, gli spergiuri e per ogni altra cosa che è contraria alla sana dottrina”.
Secondo altri studiosi nei due brani Paolo condanna il rapporto sessuale tra un adulto e un bambino, così frequente nella antica Grecia. Inoltre l’apostolo si rivolge ai membri della comunità di Corinto che avevano sperimentato queste pratiche ma che ora sono stati purificati da Cristo: “E tali eravate alcuni di voi; ma voi siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello spirito del nostro Dio!”(1Cor, 6, 11).
Naturalmente, bisogna subito aggiungere che questo rifiuto dell’abuso sessuale dei bambini riguarda non solo le pratiche omosessuali ma anche allo stesso modo quelle eterosessuali. E anche nel caso in cui con le espressioni ‘ragazzo di piacere’ e ‘stupratore di bambini’ si dovesse pensare in primo luogo all’aspetto della pratica di mestiere (e meno al punto di vista dell’abuso del bambino), la cosa varrebbe allo stesso modo anche per la variante eterosessuale. Orazio (cfr. Ep. 2, 1, 156) ricorda che “I romani qualificavano come ‘vizio greco’ l’omosessualità maschile praticata con gli adolescenti, o più precisamente l’amore efebico, e, dicevano con ragione, che esso era sconosciuto nella vita romana più antica. Era qualcosa di totalmente estraneo alla mentalità romana tradizionale; per cui veniva da loro condannato in modo assoluto. In qualche misura, tuttavia, al tempo di Orazio, aveva messo piede anche a Roma, dove aveva assunto altre forme. Cicerone, scrive: ‘questa abitudine di amare i ragazzi mi sembra che sia nata nei ginnasi greci, nei quali questi amori sono liberi e tollerati”.
Secondo l’interpretazione cattolica non è ben chiaro se in 1Cor, 6-9 Paolo condanni in blocco i rapporti omosessuali o solo la pederastia o addirittura solo una forma particolare di essa che è l’amore prezzolato dei bambini. In Romani 1, 26-27, dichiara: “Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che si addiceva al loro traviamento”.
Per Paolo e in tutta la Bibbia il peccato più grave è l’idolatria che produce vizi come l’immoralità sessuale (cfr. Sap 14,12), tra cui lo scambio dei ruoli sessuali (Sap 14,26).
E’ certo che Paolo si oppone a relazioni tra lo stesso sesso; non conosciamo i motivi di questa condanna, però li deduciamo da molti suoi contemporanei che nel mondo greco-romano attaccavano e stigmatizzavano questa pratica. Infatti, Si pensava che chi praticava il sesso omo era un etero pervertito che voleva provare anche il piacere dello stesso sesso. Non si pensava a quei tempi che ci fosse nell’uomo e nella donna una tendenza, o un orientamento sessuale verso il proprio sesso. Piuttosto si credeva che gli atti omoerotici fossero intrinsecamente lussuriosi, conseguenza di una bramosia sessuale insaziabile.
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Corano, SuraVII  Al-A'râf  ("Sura del limbo") : 80 E quando Lot disse al suo popolo: "Vorreste commettere un'infamità che mai nes-suna creatura ha mai commesso? 81 Vi accostate con desiderio agli uomini piuttosto che alle donne. Sì, siete un popolo di trasgressori". 82 E in tutta risposta il suo popolo disse: "Cacciateli dalla vostra città! Sono persone che vogliono esser pure!". 83 E Noi salvammo lui e la sua famiglia, eccetto sua moglie, che fu tra quelli che rimasero indietro . 84 Facemmo piovere su di loro una pioggiaGuarda cosa è avvenuto ai perversi”.
Non esiste nell'Islam un concetto analogo a quello di omosessualità, nel senso di un'identità astratta ed unica. Al contrario, le espressioni sessuali fra lo stesso sesso si manifestano in modi diversi e separati, che non sono trattati nello stesso modo, né socialmente né giuridicamente.
Innanzitutto va detto che l'Islam si occupa di giudicare e valutare i comportamenti piuttosto che i desideri sessuali. In particolare nell'Islam viene condannato il rapporto anale – con uomini o donne indifferentemente –, identificandolo come un peccato molto grave. Il concetto stesso di orientamento omosessuale non trova riconoscimento né applicazione nella legge islamica.
Secondo Khaled El-Rouayheb (v. "Before Homosexuality in the Arab-Islamic World 1500-1800") la tolleranza nei confronti dei casti rapporti amorosi pederastici, diffusi sin dal IX secolo (testimoniati dalla letteratura e dalla tradizione di diverse epoche) fu letteralmente spazzata via dall'adozione della morale impressa sulla borghesia dell'Inghilterra vittoriana (metà XIX secolo), che già aveva trasformato l'etica sessuale europea e si apprestava a rivoluzionare i costumi dell'occidentalizzata élite musulmana ottomana.
Tuttavia, occorre comunque riconoscere la presenza di una corrente interpretativa oggi ampiamente minoritaria che considera l'omosessualità come una normale espressione del sentimento umano, senza collegarvi alcun giudizio negativo. Gli studiosi che si esprimono in tale senso sono numerosi, il più noto tra loro è l'Imam Daayiee Abdullah, che si proclama apertamente gay.
Per la parte prevalente degli studiosi islamici, il rapporto anale viene immaginato inseparabile dal coinvolgimento di sentimenti ed implicherebbe una divisione di ruolo tra dominazione e sottomissione: ciò andrebbe in totale contraddizione alla fede islamica, poiché l'essere umano sa che la dominazione è qualcosa a cui l'Eterno, e Lui soltanto, può accedere. Mai un essere umano può dominarne un altro nell'universo terreno, che l'Onnipotente ha creato e che può in esclusiva assoluta dominare. La sottomissione stessa, di conseguenza, diventa un atto possibile solo di fronte a Dio. In questo sta il più profondo dei significati della religione islamica (Islam stesso, in arabo, significa infatti sottomissione).
Il concetto di orientamento sessuale è inammissibile nell'Islam, in quanto trasgressione dalla connessione spirituale che lega tutti e tutto nell'universo. Orientarsi sessualmente significherebbe chiudersi in una visione fisica della vita, a dispetto di quella spirituale: per questo l'attrazione deve avvenire innanzitutto a livello spirituale e trascendentale, poiché ogni essere umano è uno spirito che occupa un corpo; lo spirito in sé, la vera natura umana, non è né donna né uomo, non è né bianco né nero, né ricco né povero. Tutti gli spiriti sono uguali, e non devono in alcun modo accentuare le differenze tra due corpi: in questo si ritrova il fatto che l'Islam, come molte religioni, lavora nell'anelare dello spirito a un livello superiore rispetto a quello terreno.
Terminologicamente, un rapporto tra due uomini è definito liwāt (rapporto anale), sia esso tra uomo e ragazzo, due uomini adulti o tra uomo e donna: quale che sia il caso, l'Islam non lo accetta e lo proibisce espressamente. L'uomo è conosciuto come lūṭī, un'espressione che etimologicamente si riallaccia al biblico Lot e che può tradursi come sodomita. I partner, se pagati, sono murd muʿājirūn (imberbi affittati), altrimenti il singolo è chiamato amrād ("imberbe") o ghulām ("giovane", ma non imberbe e con qualche esperienza).
Una categoria semantica a parte meritano quegli uomini "colpiti" dal desiderio di essere penetrati da partner maschili. A essi viene riferito il termine maʿbūn ("depravato"), in quanto considerati portatori di una vera e propria malattia dello spirito, ubna ("pederastia passiva"). È argomento di discussione l'eziologia e la presunta cura di tale "morbo", che rende il ruolo e la reputazione di queste persone radicalmente diversi da quello di colui che penetra.
Un'altra categoria consiste nello studio di coloro che si sentono attratti da giovani ragazzi. Si pensa che ogni uomo rientri in questa categoria, e i loro desideri sono visti come naturali, eppur problematici, se questo porta a diventare un lūṭī. (v. El-Rouayheb, op. cit.))
Ad esempio, si narra che il giurista hanbalita Ibn al-Jawzī (1200 d.C.) abbia detto: « Colui che afferma di non provare alcun desiderio quando guarda a bei ragazzi o bei giovani è un bugiardo, e se gli credessimo lo vedremmo come un animale, non un essere umano».
Questo certamente testimonia l'opinione, diffusa tra alcuni intellettuali nei secoli passati, che l'omofobia era un sentimento da condannare, quasi da emarginare – una visione che per molti aspetti stride con la moderna idea, più conservatrice, di relazione sessuale.
Nondimeno, l'atto di liwāt (sodomia, per l'appunto) viene condannato, e agli uomini viene consigliato di stare molto attenti all'attrazione che possono provare verso un giovane maschio, chiedendo loro di concentrarsi su una donna attraverso delle raccomandazioni di ordine religioso, improntate sulla resistenza alla tentazione.
Maometto invitò i suoi seguaci a "diffidare dei giovani imberbi, perché sono una fonte di danno più grande delle giovani vergini." Allo stesso modo, l'Imām e studioso di legge Sufyān al-Thawrī (783) si dice sia scappato dalle terme un giorno, asserendo a proposito della tentazione sessuale che "se ogni donna ha un demone che l'accompagna, allora un bel giovane ne ha diciassette".
Allo stesso modo, un ḥadīth attribuito a Maometto dice che l'amore casto garantisce l'ingresso nel paradiso: "Colui che ama e rimane casto e nasconde il suo segreto e muore, muore da martire." Questo significa che, l'amore per giovani uomini nell'Islam, lontano dall'essere il sentiero verso la perdizione che è nel Cristianesimo, era un sentimento comprensibile che, se tenuto sotto controllo, poteva innalzare un credente fino al paradiso. L'amore tra uomini diventò un crimine punibile (nella vita) solo se veniva consumato - e veniva sorpreso nel praticarlo, il che richiede la testimonianza di quattro uomini o di otto donne. Se non si veniva sorpresi nel compiere atti omosessuali, comunque, si veniva ugualmente puniti tra le fiamme dell'inferno.
Storicamente la pena è stata meno severa delle sue controparti abramitiche: il Giudaismo e il Cristianesimo. Nel Corano è scritto che se una persona commette un peccato può pentirsi e avere la sua vita salva, nonostante ciò ci sono degli ḥadīth che prescrivono la pena di morte. Sembra che questo sia parte di un climax che giungerà alla proibizione così come è stato con l'alcol e il gioco d'azzardo. Le prime culture islamiche, specialmente quelle in cui l'omosessualità era radicata nelle loro culture pagane, furono acclamate per la loro cultura nell'estetica omosessuale. Si sono riconciliati con la loro nuova religione seguendo il ḥadīth di Maometto citato in precedenza, che dichiara martire colui che nasconde il suo segreto e muore casto anche provando una forte passione.
Ibn Ḥazm, Ibn Daʿud, al-Muʿtamid, Abū Nuwās, e molti altri scrissero apertamente dell'amore tra uomini. Tuttavia, perché la trasgressione sia provata, almeno quattro uomini o otto donne devono testimoniare contro l'accusato, rendendo in questo modo molto difficile perseguire coloro che non rimangono casti nella privacy della propria casa.
Il significato dato a "rapporto omosessuale" è rapporto sessuale tra due o più uomini, o rapporto sessuale tra due o più donne. Non comprende la masturbazione, e non ha nemmeno niente a che fare con le polluzioni notturne; entrambi questi aspetti, anche non essendo punibili stando alla Sharīʿa, sono comunque considerati invalidanti e richiedono che il musulmano si lavi completamente prima della sua prossima preghiera.
La Sharīʿa - nelle sue costituenti coraniche e della Sunna - è la legge dell'Islam. Nonostante ci sia un certo consenso riguardo al fatto che rapporti sessuali fra persone dello stesso sesso siano in violazione della Sharīʿa, ci sono differenze di opinione tra gli studiosi dell'Islam per quanto riguarda le punizioni, l'opera di riforma, e quali siano le prove che generalmente richieste prima che la pena fisica abbia luogo.
Nell'Islam sunnita ci sono otto Madhhab, o scuole legali, di cui solo quattro sono attualmente esistenti: la hanafita, la malikita, la sciafeita e la hanbalita. La principale scuola sciita è chiamata giafarita, ma ci sono anche la zaydita e la ismailita. Più di recente, molti gruppi hanno rifiutato la tradizione a favore dell'ijtihād, o interpretazione individuale. Di queste scuole, secondo Michael Mumisa, dell'istituto Al Mahdi di Birmingham:
La scuola hanafita non considera adulterio i rapporti omosessuali, e lascia la pena a discrezione del giudice. Molti dei più giovani studenti di questa scuola hanno esplicitamente scartato la pena di morte; alcuni la ammettono per un secondo crimine.
L'Imām Shāfiʿī considera il sesso omosessuale analogo agli altri zināʾ (sesso prematrimoniale, fuori dal matrimonio). Così, se si scopre che una persona sposata ha avuto rapporti omosessuali viene punita come un adultero (lapidato a morte), e una persona non sposata viene punita come fornicatore (frustato).
La scuola malikita dice che se si scopre che qualcuno (sposato o non) ha avuto rapporti omosessuali dovrebbe essere punito con la pena riservata agli adulteri.
Nella scuola giafarita, l'Āyatollāh iracheno Sayyid al-Khoʿī dice che qualsiasi persona colpevole di aver commesso atti omosessuali deve essere punita come un adultero.
È importante notare che la pena di un adultero richiede che ci siano quattro testimoni perché possa essere eseguita. Analogamente tutte le scuole richiedono la testimonianza di quattro uomini per applicare la pena prevista per i rapporti omosessuali. Tuttavia se può essere presentata una prova oggettiva (come test del DNA, fotografie, ecc.), si può rendere effettiva la pena senza i quattro testimoni.
Secondo lo studioso dell'Islam moderno Yūsuf al-Qaradāwī: « I giuristi dell'Islam hanno avuto opinioni divergenti riguardo alla pena per questa pratica abominevole. Dovrebbe essere la stessa pena prevista per la zināʾ, o andrebbero uccisi sia il partecipante attivo che quello passivo? Anche se questa pena può sembrare crudele, gli è stato consigliato di mantenere la purezza della società islamica, e di mondarla dagli elementi pervertiti. »
L'Islam ammira molto l'atto sessuale, come sacro rapporto spirituale. Pertanto aggravare la pena e presentare i quattro testimoni, sarebbe un atto di oscenità, che è un'offesa per la moralità del resto della società.

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L'OMS definisce l'omosessualità una variante naturale del comportamento umano, ma non ha preso posizione rispetto alla possibile causa di tale variabilità. Definire chi sia la persona omosessuale non è cosa agevole. L'omofobia, del resto, contribuisce a generare talvolta e in alcune culture una situazione sociale pesante in cui le stesse persone omosessuali rifiutano per prime, almeno in pubblico, la definizione di "omosessuale". Oltre a ciò, il confine fra eterosessualità ed omosessualità non è affatto netto: vaste aree del comportamento umano sfuggono a una definizione netta, ad esempio nel caso delle persone bisessuali. Oltre che da parte di persone che provano attrazione sessuale e/o sentimentale sia per persone dell'altro che del proprio sesso (bisessualità in senso stretto), si possono verificare comportamenti omo o bisessuali in molti altri casi, tra i quali: a) comportamenti omosessuali indotti dall'assenza di altre possibilità di sfogo sessuale ("omosessualità situazionale"), per esempio quella che si verifica nelle comunità di persone di un solo sesso, come le carceri, le caserme. Essa è detta anche "omosessualità di compensazione" o, nei testi più antichi, "pseudo-omosessualità" (questa ultima definizione è ormai in disuso); b) comportamenti omosessuali infantili e adolescenziali (o "giochi sessuali" o "omosessualità adolescenziale" o "transitoria"); c) comportamenti omosessuali maggiormente diffusi nelle società in cui i rapporti sessuali con persone del sesso opposto sono strettamente riservati agli adulti, tramite matrimonio o ricorso alla prostituzione; d) comportamenti (anche) omosessuali da parte di persone affette da alcune patologie mentali, tali da rendere indifferenziato l'oggetto delle loro pulsioni erotiche; e) comportamenti omosessuali motivati da ragioni estranee alla tendenza sessuale personale, come per esempio nel caso della prostituzione maschile, nella quale il bisogno economico può indurre a rapporti sessuali con persone del proprio sesso anche persone che non sono omosessuali esse stesse.
Normalmente, quando si parla di "omosessuali", non si intendono le persone coinvolte nelle situazioni sopra elencate, bensì le persone che provano attrazione in modo preponderante o esclusivo per persone del loro sesso anche quando siano al di fuori da tali situazioni. Tali persone ricercano rapporti affettivi e sessuali con persone del loro sesso in base a una pulsione interna personale e non in base a una scelta indotta dall'ambiente o dalle circostanze.
L'American Psychological Association, l'American Psychiatric Association e la National Association of Social Workers asseriscono che "l'orientamento omosessuale" si riferisce ad un modello duraturo o ad una disposizione all'esperienza sessuale, affettiva o di romantica attrazione primariamente a uomini, donne o entrambi i sessi. Si riferisce anche al senso di personale e sociale identità di un individuo basato su tali attrazioni, ai comportamenti che le esprimono, e all'appartenenza ad una comunità di altri individui che le condividono. Benché il raggio d'azione dell'orientamento sessuale si dilunghi in un continuum da un'identità esclusivamente eterosessuale ad una esclusivamente omosessuale, viene solitamente interpretato nei termini di tre categorie: eterosessuale (avente attrazione sessuale e romantica primariamente o esclusivamente con membri dell'altro sesso): omosessuale (avente attrazione sessuale e romantica primariamente o esclusivamente con membri dello stesso sesso); bisessuale (avente un significante grado di attrazione sessuale e romantica nei confronti di entrambi uomini e donne). L'orientamento sessuale va distinto da altre componenti sessuali o della sessualità, inclusi il sesso biologico (le caratteristiche anatomiche, fisiologiche e genetiche associate con l'essere di genere maschile o femminile), l'identità di genere (il senso psicologico di appartenenza al genere maschile o femminile), e il ruolo sociale di genere (l'adesione alle norme culturali che definiscono i comportamenti mascolini o effeminati).
L'orientamento sessuale viene comunemente dibattuto come una caratteristica dell'individuo, così come per il sesso biologico, l'identità di genere o l'età.
Nella storia umana l'omosessualità ha dunque ricevuto valutazioni molto diverse, che vanno da una totale accettazione e integrazione fra i comportamenti socialmente accettati o addirittura alla loro esaltazione (nelle culture dalla Polinesia, Micronesia e Malasya), fino alla condanna a morte. La storia dell'omosessualità è quindi anche una storia degli atteggiamenti sociali possibili verso un comportamento percepito come "deviante", ed ha interesse anche da un punto di vista sociologico, antropologico, politico e in qualche misura filosofico. Per questo motivo esiste una branca della storiografia che si occupa espressamente di storia LGBT ("Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender").
L'atteggiamento sociale verso i comportamenti omosessuali ha conosciuto momenti di relativa tolleranza, durante i quali la società ammetteva un certo grado di discussione ed esibizione pubblica del tema, anche attraverso l'arte e le produzioni culturali (come è avvenuto per esempio nell'Atene classica, nella Toscana del Rinascimento, o a Berlino e a Parigi nell'anteguerra) alternandoli però a momenti di repressione durissima, come nell'Italia del Trecento, o nell'Europa della Riforma e Controriforma o ancora nel periodo a cavallo della Seconda guerra mondiale, durante il quale persero la vita nelle persecuzioni antiomosessuali diverse decine di migliaia di persone.
Dalla seconda guerra mondiale in poi l'atteggiamento sociale nei confronti delle persone omosessuali è andato migliorando, anche a seguito delle battaglie condotte a questo scopo dal movimento di liberazione omosessualeLa maggior parte delle nazioni non impedisce il sesso consensuale tra persone al di sopra dell'età di consenso. Alcune giurisdizioni riconoscono anche gli stessi diritti, la protezione ed i privilegi per le strutture familiari di coppie dello stesso sesso, a volte anche il matrimonio. Alcune nazioni impediscono relazioni omosessuali, vietandole per legge. I trasgressori possono andare incontro alla pena di morte in alcune aree di fondamentalismo musulmano come l'Iran e alcune parti della Nigeria. Esistono, comunque, numerose differenze tra la politica ufficiale e la reale attuazione delle leggi.
Benché i rapporti sessuali tra omosessuali siano stati decriminalizzati in alcune parti del mondo occidentale, come in Polonia (1932), Danimarca (1933), Svezia (1944) e Regno Unito (1967), non fu prima della metà degli anni settanta del XX secolo che la comunità gay iniziò dapprima a richiedere limitati diritti civili in alcune nazioni sviluppate. Basti pensare che solo recentemente l'India l'abbia decriminalizzata (2 luglio 2009).
Una meta importante fu raggiunta nel 1973, quando l'American Psychiatric Association rimosse l'omosessualità dal Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, negando così la sua precedente definizione di omosessualità come disordine mentale. Nel 1977 il Québec divenne il primo Stato al mondo a proibire a livello giuridico la discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale. Durante gli anni ottanta e novanta del XX secolo, la maggior parte delle nazioni sviluppate approvò leggi decriminalizzanti il comportamento omosessuale e che proibivano la discriminazione contro persone lesbiche e gay nel lavoro, nei contratti d'affitto, in casa e nei servizi. D'altra parte, molte nazioni del Medio Oriente e africane, così come vari stati asiatici, caraibici e sudpacifici, ritengono l'omosessualità illegale. In sei nazioni il comportamento omosessuale è punibile con l'ergastolo; in altre dieci la pena può giungere alla morte.
Il termine omofobia indica la scarsa tolleranza e la repulsione nei confronti dell'omosessualità, delle persone omosessuali e delle azioni ad esse riconducibili. L'omofobia può arrivare alla violenza fisica e all'omicidio, motivati dalla pura e semplice omosessualità della vittima. In quanto atto discriminatorio, l'omofobia si configura come una forma di sessismo. Alcuni autori, ritenendo inappropriato il suffisso -fobia, utilizzano al posto di omofobia il termine "omonegatività".
In molte culture, le persone omosessuali sono frequentemente soggette al pregiudizio e alla discriminazione. Come i membri di altri gruppi minoritari che sono oggetto del pregiudizio, anch'essi sono soggetti a stereotipi, spesso aggravanti la marginalizzazione. Il pregiudizio, la discriminazione e gli stereotipi sono tutti esempi di omofobia e eterosessismo. L'eterosessismo può includere la presunzione per cui l'eterosessualità o l'attrazione per i membri del sesso opposto sia la giusta norma e quindi che gli eterosessuali siano superiori. L'omofobia, come già accennato, si manifesta in diverse forme e un gran numero di tipologie ne è stato formulato, tra le quali ricordiamo l'omofobia interiorizzata, l'omofobia sociale, l'omofobia emozionale, l'omofobia razionale ed altre.[69] Similmente esistono differenti forme di lesbofobia (specifica nei confronti dell'omosessualità femminile) e di bifobia (contro le persone bisessuali). Quando certi atteggiamenti si manifestano come crimini, questi vengono solitamente definiti crimini di odio.
Gli stereotipi che caratterizzano le persone LGBT sono tanto negativi, quanto solitamente poco concernenti il romanticismo dell'individuo omosessuale; sono caratterizzati dalla promiscuità e spesso dall'erronea associazione dell'omosessualità all'abuso su minori, concezione più volte duramente contraddetta dai ricercatori e studiosi. Inoltre, ricerche suggeriscono che le persone LGBT sviluppino relazioni romantiche anche più durature e stabili. Gli uomini gay vengono spesso associati a persone con tendenze pedofile e allo stesso modo a persone che più degli uomini eterosessuali commettono tali crimini, un punto di vista rigettato dalla gran parte dei gruppi psichiatrici e contraddetta dai ricercatori. La pretesa che esistano evidenze scientifiche in sostegno ad un'associazione tra l'essere gay e l'essere pedofilo sono basate sulla misura in termini di travisamento dell'attuale evidenza. Non a caso, le statistiche dimostrano che, relativamente alla densità di popolazione in base all'orientamento sessuale, l'abuso su minore viene effettuato maggiormente dalla popolazione eterosessuale, e che, sempre in rapporto alla densità di popolazione etero e omosessuale, semmai sono le vittime di tali abusi ad essere superiori nella popolazione omosessuale, anziché in quella eterosessuale.





3 commenti:

Anonimo ha detto...

Sempre "ricchioni" sono.

Clara Calamai ha detto...

Sono "etera", ma qualche volta mi capita di desiderare un'esperienza "omo". Capita anche ai maschi?

Clara Calamai ha detto...

Ci ho riflettuto: credo che, in fondo in fondo, siamo tutti bisex.