giovedì 17 maggio 2012

NON UCCIDIAMO LA STORIA

L'insigne storico Emilio Bonaiti mi ha comunicato che si accinge a scrivere qualcosa sul fenomeno del "brigantaggio", esploso nell'Italia meridionale all'indomani della unificazione politica della penisola. Gli do volentieri una mano suggerendogli di non dirottare dalle seguenti linee-guida, a mo' di veri e propri capisaldi storici.

1. Il termine brigantaggio designa genericamente l'attività criminosa di bande fuorilegge che attentano a mano armata alla vita ed alla proprietà altrui. Brigante è sinonimo di grassatore. Ma questa accezione non rispecchia esattamente il fenomeno che si manifestò nel Mezzogiorno d'Italia all'indomani della spedizione dei Mille.

2. Il fenomeno del brigantaggio nell'Italia meridionale ebbe cause socio-economiche antiche, siccome connaturato alla vita di un mondo povero e depresso che i poteri politici non avevano mai efficientemente combattuto e che anzi avevano spesso utilizzato, come durante la reazione sanfedista che si verificò nel Regno di Napoli nel 1799.

3. Dopo la sconfitta del Borbone, cause nuove attizzarono il fenomeno antico facendogli acquistare proporzioni preoccupanti, e cioè : a) il malcontento dei sostenitori del vecchio regime e la presenza di numerosi militari dell'esercito borbonico che si erano sottratti all'assimilazione nell'esercito italiano; b) l'orientamento reazionario di certa grande proprietà agricola insofferente dei metodi fiscali imposti dal nuovo governo; c) il ribellismo contadino e popolare determinato dall'introduzione da parte dello Stato Italiano delle tasse sul pane e sul sale, nonchè della leva militare obbligatoria; d) l'antiunitarismo dello Stato Pontificio (il Papa favorì la cospirazione organizzata dalla corte e dall'alta borghesia fedele a Francesco II in esilio a Roma).

4. Nell'estate del 1861 il movimento brigantesco fu in grado di dominare tutto il Mezzogiorno e di estendersi alla Sicilia. Le bande dei briganti, formate da veri e propri avventurieri inclini al furto ed alla rapina, da contadini cacciati dai campi dalle loro disperate condizioni di vita, da militari dell'ex esercito borbonico e da legittimisti italiani e stranieri colpivano i notabili liberali,  imponevano taglie e ricatti, incendiavano gli archivi degli uffici delle imposte e degli uffici di leva. I ribelli venivano considerati dalle popolazioni locali veri eroi e venivano spontaneamente accolti, ospitati e nascosti.

5. La risposta dei governanti e dell'autorità militare fu quella della repressione, con episodi di estrema crudeltà. Già nel 1860 era stata avviata un'azione di repressione guidata dal generale E. Cialdini il quale fu però tenuto in scacco dai briganti che utilizzavano la tecnica della guerriglia. Soltanto verso la fine del 1861 la repressione cominciò a dare qualche risultato : Josè Borges, un vecchio ufficiale spagnolo, chiamato in Italia dai borbonici per coordinare le bande, fu catturato e fucilato. Nel 1863 la Camera del Regno d'Italia elesse una Commissione d'inchiesta presieduta dal pugliese Giuseppe Massari la quale indagò con accuratezza sulle cause sociali del brigantaggio e suggerì i rimedi e le necessità immediate per la restaurazione dell'ordine. Fu allora approvata una legge eccezionale (la legge Pica) che pose in regime militare ed in stato d'assedio quasi tutta l'Italia meridionale, con eccezione delle province di Napoli, Teramo e Reggio Calabria. L'utilizzazione in forma massiccia dell'esercito (120.000 uomini sotto il comando del generale E. Pallavicini di Priola) portò nel 1865 all'uccisione di 5000 briganti ed alla sconfitta del brigantaggio.

6. Il brigantaggio rimase in forma endemica nelle campagne del Meridione fino al 1870.