sabato 29 dicembre 2007

ANCORA SU ARISTOTELE

Per ARISTOTELE la sostanza è il sinolo di materia e forma : la forma è la natura propria delle cose, la sua essenza; la materia
è ciò di cui una cosa è fatta, un elemento passivo strutturato dalla forma. Così la sostanza dell'uomo è materia (il corpo) e
forma (l'anima). L'anima ha tre funzioni fondamentali : la funzione vegetativa, comune a tutti gli esseri viventi, che rappresenta la potenza nutritiva e riproduttiva, quella sensitiva, che è propria degli uomini e degli animali e che comprende la sensibilità ed il movimento; quella intellettiva, che è propria degli uomini e che può compiere anche le veci delle funzioni inferiori. Ma qual è la "causa" della sostanza delle cose? La causa formale è la loro forma, ovvero la loro essenza; la causa efficiente è ciò che gli dà origine; la causa finale è lo scopo cui una cosa tende. Nella ipotesi dell'uomo, la ragione è la sua forma, ovvero la sua essenza; il padre è la causa efficiente del figlio; il diventare adulto è la causa finale del bambino (1).
Poichè le cose hanno la possibilità di assumere una certa forma, hanno pure in sè la potenza di cambiare. Con la realizzazione del cambiamento la cosa viene ad esistere, la potenza diventa atto. In questo divenire l' atto è superiore alla potenza perchè costituisce la causa, il senso, il fine di ciò che è solo in potenza (un pulcino è in potenza un gallo ed il gallo è il pulcino in atto) (2).
Ma la materia non può avere in sè la causa del proprio movimento : tutto ciò che si muove è sostanzialmente mosso da
qualcos'altro e questo "qualcosa" è a sua volta mosso da altro (la pietra è mossa dal bastone, il bastone dalla mano, la mano
dall'uomo). Eppure, alla fine di questo processo a ritroso vi deve essere un principio primo ed immobile, un Motore Primo
Immobile cui fa capo tutto il movimento : esso è Dio, cioè un atto puro, vale a dire un atto senza potenza, in quanto la potenza è la possibilità del cambiamento, mentre se Dio è immobile non può essere sottoposto a cambiamento. Dio è dunque forma pura, ossia sostanza incorporea.
Come può il Primo Motore muovere le cose restando immobile? Per Aristotele Dio non muove le cose come causa efficiente, ossia tramite impulsi, bensì muove le cose come causa finale, ossia come oggetto d'amore che attrae la materia verso di lui in un desiderio incessante di prendere "forma". Non è Dio che dà forma al mondo, ma è il mondo che aspirando a Dio si auto-ordina (3).
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(1) Vedi i libri V, VII e VIII della "Metafisica".
(2) Vedi il libro IX della "Metafisica".
(3) Vedi il libro XII della "Metafisica".

martedì 18 dicembre 2007

LA VERITA' DEI FILOSOFI : DAI PRESOCRATICI AD ARISTOTELE

La "verità" - ciò di cui siamo angosciosamente alla ricerca - è stata oggetto dell'indagine del pensiero dell'uomo orientale ed occidentale sin dal momento in cui essi si posero il probema di questo valore della vita. Ma con approcci diversi : in Oriente mediante un'esperienza interiore ed ineffabile, lungo la strada di un'iniziazione individuale, non comunicabile e trasmissibile ad altri perchè irrazionale; in Occidente attraverso la conoscenza razionale dei vari aspetti della realtà.
In Europa il pensiero speculativo, inteso come ricerca del vero e del principio delle cose, è iniziato in Grecia, anche se il probema comincia ad essere trattato nelle cosmologie mistiche dei poeti (1).
I più antichi filosofi presocratici dell'VIII e del VII secolo a.C. (di essi abbiamo testimonianza diretta attraverso vari frammenti dei loro scritti (2) ed indiretta attraverso le citazioni di scrittori posteriori) nel domandarsi quale fosse l'origine del mondo (nell'affrontare cioè il problema cosmologico) si dettero dapprima delle risposte ingenue ed elementari, concependo la materia come un di per sè vivente (ilozoismo, dal termine greco hyle, materia) e, quindi,  identificando il principio di tutte le cose nell' acqua (TALETE) o nell' aria (ANASSIMENE). Altra volte l'origine del momdo fu visto nel numero (PITAGORA e la sua Scuola, sorta a Crotone. nella Magna Grecia)) o in una sostanza primordiale, infinita e indefinita : l' àpeiron (ANASSIMANDRO).
Più tardi, nel VI secolo a.C., la concezione della materia o di un termine puramente mentale come principi originari del mondo fu superata dalla concezione dell' Essere Assoluto, uno, immutabile ed eterno (SENOFANE, PARMENIDE, ZENONE, MELISSO, della Scuola eleatica, sorta ad Elea, nella Magna Grecia). Per tali pensatori divenne però difficile spiegare come il mondo che deriva da un tale Essere sia invece molteplice, mutevole e soggetto al tempo. Questa difficoltà la dialettica greca, cioè l' arte dell'argomentare, ovvero l'arte di far derivare da alcuni principi fondamentali le conseguenze logiche del ragionamento, risolse spiegando che ciò che appare mobile nel tempo e nello spazio è immobile se considerato nella eternità della sua essenza : ad esempio, un'azione virtuosa " si svolge" e, quindi, si muove nello spazio e nel tempo, ma l'essenza della virtù che è in essa è immobile perchè è eterna.
Tuttavia, contemporaneamente, si affermò un orientamento del tutto opposto : non già la immobilità, ossia un principio trascendente, superiore al mondo sensibile, bensì il movimento è la vera realtà originaria (ERACLITO) (3), cioè un "divenire" senza fine, che scaturisce da un fuoco generatore. La legge somma della realtà è una  legge dinamica con un suo ordine ed una sua armonia, cioè il logos, ovvero la legge universale razionale, in quanto non promanante da una personalità assoluta, cioè da una divinità. Attorno all'orientamento del movimento si svilupparono varie filosofie, fra cui quella atomistica che vede l'universo costituito da infinite particelle indivisibili (gli "atomi", appunto) le quali si muovono continuamente nel vuoto dall'alto al basso e urtandosi si aggregano e si disgregano formando così i vari corpi (DEMOCRITO) : tutto è materiale, anche l' anima, e tutto è governato da forze fisiche che agiscono meccanicamente, ossia da un'energia fisica che pervade l'universo e che, immanente, lo spinge verso un continuo divenire.
Nel V secolo entrambi i cennati orientamenti vengono sottoposti a critica dai Sofisti. Se infatti tutto è in movimento, anche la verità sarà in continuo mutamento : pertanto di qualsiasi cosa potrà dirsi che è vera o falsa soltanto con riferimento all'attimo presente e relativamente alla persona che giudica (PROTAGORA). Per contro, se la verità fosse immobile essa sarebbe praticamente inesistente perchè non potrebbe esprimersi, dato che l'esprimersi sarebbe un movimento; se, poi, potesse esprimersi essa non potrebbe essere conosciuta, perchè anche il conoscere è movimento; se, infine, potesse essere conosciuta non potrebbe essere comunicata, perchè anche il comunicare è moto (GORGIA).
Il punto di arrivo  è, dunque, che una verità non esiste, ma esiste soltanto un giudizio di verità, formulato secondo l'utile individuale. Con i sofisti si affaccia il primo agnosticismo teologico
(Protagora e Gorgia) e il primo ateismo (Crizia e Prodico).
SOCRATE (3) si oppone all' utilitarismo dei sofisti : il "concetto" è la verità universale ed eterna che sta dietro il contingente.
In altri termini, vi è un valore universale che è possibile trovare togliendo dal "fenomeno" ciò che in esso ha un valore relativo e non essenziale: quel che resta è il significato concettuale del fenomeno. Quando Alcibiade gli domanda se era bene per lui diventare il Principe di Atene Socrate gli risponde che non si tratta di stabilire quello che vuol sapere Alcibiade, ma piuttosto se è bene che un uomo diventi principe di una città.
PLATONE sviluppa e perfeziona l'intuizione del concetto universale che restava in Socrate un dato relativo al pensiero umano e quindi esistente nel mondo degli uomini. Egli ritiene che vi sono due mondi : uno superiore ed uno inferiore : spirituale, immutabile ed eterno il primo; materiale, mutevole e temporaneo il secondo. Il mondo eterno è popolato da pure essenze, cioè le idee, vale a dire quegli stessi concetti socratici considerati al di fuori della mente umana, nella loro realtà assoluta. Il mondo corporeo non è altro che una imitazione del mondo delle idee : le idee sono quindi i "modelli eterni delle cose" e la imitazione avviene ad opera di una divinità creatrice che si avvale della materia secondaria, il Demiurgo. Tra le idee spirituali (ad esempio, l'Idea del Bene) e gli oggetti materiali che le imitano vi è poi un termine medio che partecipa alla pura essenza delle une ed alla pura materialità delle altre : questo termine è l' anima (4). Tutto ha un'anima, tutto ha una forza vitale che spinge la cosa ad imitare sempre più l'idea corrispondente. Il complesso di tutte le anime costituisce l'"Anima del Mondo", intelligenza diffusa nell'universo che collega il mondo corporeo a quello celeste e che nella sua
razionalità porta il ricordo delle idee eterne che ha visto nel mondo superiore (5).
ARISTOTELE accetta i due mondi fondati da Platone: quello immateriale e quello corporeo, ma invece di farne due mondi indipendenti, collegati da un semplice rapporto di imitazione, li rende necessari l'uno all'altro, sicchè nessuno dei due esiste senza l'altro : la forma è il principio immateriale, la materia quello corporeo; la forma è il principio attivo che per sussistere deve attuarsi nella materia; la materia è un principio passivo che diventa esistente solo quando in essa la forma si attua. Scindere i due principi, come fa Platone, sarebbe come precipitare entrambi nel nulla. In effetti la forma, in quanto necessità di attuazione è potenza : il passaggio dalla potenza all'attuazione è il divenire. Perciò l'universo - costituito da due mondi concentrici, l'uno celeste o sopralunare, l'altro terrestre o sublunare - è un processo continuo di attuazione della forma nella materia. Al di fuori dell'universo v'è DIO, il "motore immobile", perchè tutto muove senza muoversi : infatti, ogni movimento è la conseguenza di un continuo muoversi di ogni forma verso di lui. Dio è l'unica forma pura, sufficiente a se stessa ed in sè completa, in quanto non ha bisogno di attuarsi in alcuna materia. Dio è pensiero assoluto che pensa se stesso, quindi è "pensiero del pensiero".
Dunque, Aristotele fonda la metafisica, che definisce come la "filosofia prima", ovvero la scienza più alta, come "studio di Dio" (6).
E poichè la metafisica aristotelica sarà ripresa dai filosofi dei secoli successivi, fa d'uopo soffermarsi sul concetto di Dio che essa introduce.
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(1) Vedi Esiodo : "Teogonia".
(2) Vedi in Diels-Kranz la raccolta dei frammenti ritrovati, tr. it. di G. Giannantoni : "I presocratici. Testimonianze e
frammenti", La Terza, 1990.
(3) Socrate non ha lasciato scritti : la sua filosofia è conosciuta grazie a quanto di lui hanno riportato Senofonte nei
"Detti memorabili di Socrate", Platone nei 34 Dialoghi e 13 Lettere della "Apologia di Socrate", Aristotele nella
"Metafisica".
(4) Vedi, fra i Dialoghi di Platone il "Fedone".
(5) Vedi . fra i dialoghi di Platone, il "Menone".
(6) Vedi il Libro VI della "Metafisica", l'opera principale del filosofo, in 14 libri.

venerdì 30 novembre 2007

LA PROVA

Come si prova l'esitenza del Dio Unico delle grandi religioni monoteiste?
La prova di un'entità per sua definizione essenzialmente spirituale non può essere scientifica: ciò che non può essere verificato nel mondo fenomenico non è ovviamente dimostrabile.
Nemmeno è ipotizzabile la prova storica perchè nessuno ha dato testimonianza oculare di Dio e perchè non v'è documento che attesti inconfutabilmente un solo fatto in cui si riconosca una concreta manifestazione della divinità.
Gli scritti delle antiche religioni monoteiste non reggono all'analisi storico-critica delle "verità" che affermano.
Valga per tutti un breve cenno alla Bibbia ebraica, retaggio di più vecchi miti e superstizioni mediorientali (egiziani) ed orientali (indiani). Le comunità israeliane e cristiane hanno ritenuto sacri e canonici tutti i libri dell'Antico Testamento, in quanto scritti per ispirazione dello Spirito Santo, vale a dire in quanto dettati da Dio stesso. Solo che non appare plausibile far risalire alla rivelazione di un Dio perfetto testi che traboccano di innumerevoli contraddizioni letterarie, etiche e teologiche, come è emerso dall'esegesi dei nunerosi studiosi che vi hanno dedicato la loro attenzione.
Merita invece una più approfondita riflessione la cosiddetta prova logica, nelle sue tre articolazioni : a) ontologica (se Dio è perfezione assoluta l'esistenza è un attributo che necessariamente non può sfuggirgli); b) teleologica (l'armonia e la funzionalità dell'universo presuppongono un progettista unico ed intelligente); c) cosmologica (se ogni fenomeno è provocato da una causa anche l'universo è l'effetto di "una causa prima" o principio assoluto).
Ora, però, non pare sensato parlare di prova logica senza fare capolino nel pensiero filosofico che di logica appunto si nutre.

sabato 24 novembre 2007

LA DIVINITA'

L'idea della divinità si perde nella notte del genere umano. Abbiamo prova che l'uomo primordiale riconosceva qualità soprannaturali a cose, luoghi e fatti reali, attribuendo ad essi una spiritualità o un'anima, ossia un'energia intrinseca
che ne rappresentava la causa (v. Animismo). Questa forma di culto tribale evolve, successivamente, verso la intuizione di uno spirito superiore che viene raffigurato con la pietra, il legno, la creta e, in quelle immagini, viene temuto, idolatrato ed invocato (v. Magia, Tabuismo, Totetismo, Feticismo).
Ma l'idea di un'entità o di più entità supreme, talvolta trascendenti l'esperienza della materia, si affacia alla mente dell'uomo quand'egli raggiunge una più matura coscienza di sè e comincia a rendersi conto che il suo "io" è avvolto da qualcosa di diverso da sè, infinitamente più grande e più potente di lui. Da questa consapevolezza nascono i vari sistemi religiosi a struttura politeista e monoteista.
Fra le più antiche e complesse religioni politeiste vanno menzionate quella degli egiziani, degli assiri in Mesopotamia, dei babilonesi in Persia, dei germani, degli elleni in Grecia, degli abitanti dell' India nelle varie fasi del Vedismo, del Brahamanesimo, dell' Induismo e, poi, del Buddismo, che costituì una diramazione del Brahamanesimo.
In Cina il Confucianesimo accettò le divinità ed i vari demoni delle originarie religioni locali che veneravano semplici figurazioni simboliche prive di qualsiasi realtà, pur concependo nel suo insieme una compiuta dottrina morale. Sempre in Cina il Taoismo, piuttosto che una religione, rappresentò all'inizio una filosofia mistica e solo più tardi si dotò di divinità naturali il cui culto era originario dell'India o vigeva nelle diverse tradizioni locali.
In Giappone lo Shintoismo è l'unica religione politeista rimasta intatta nei secoli ed ancora viva ai giorni nostri.
Con l'avvento della religione ebraico-giudaica si affermò la credenza in un solo Dio chiamato Jahvè ("Colui che è") o Elohim ( plurale di un nome di incerta etimologia, traducibile esattamente nella parola "Dei" ) o Adonai ("Signore") : divinità invisibile e non rappresentabile in immagini, pura idea di un essere assoluto e trascendente, tuttavia non mera astrazione, ma idea vivente ed onnipotente, creatore del "tutto".
Il disegno divino e l'opera creatrice del Dio ebraico sono narrati nell' Antico Testamento (da "Berith", cioè Patto o Alleanza) , raccolta di testi sacri contenuti nella Bibbia ("Libri").
L'Antico Testamento ha come suo nucleo l'alleanza di Dio con il popolo di Israele per mezzo di Abramo e di Mosè : Dio elegge un popolo nella stirpe umana e a quel popolo eletto promette una futura redenzione per mezzo di un suo divino inviato e gli dà una legge morale ( la "Torah"), affinchè nell'attesa dell'inviato possa regolare la sua vita.
Il Nuovo Testamento testimonia nella Bibbia, attraverso testi sacri suoi propri, l'Alleanza di Dio con tutti gli uomini della terra (non più soltanto con gli ebrei), cui invia il Messia o il Cristo (l' "Unto" o il "Consacrato") con il compito di redimerli dal peccato originale mediante la definitiva legge morale che si rivolge non già agli atti esterni, bensì allo spirito. In tal modo il Cristianesimo continua e porta a compimento la legge giudaica.
Sotto l'influsso ebraico-cristiano Muhammad o Maometto ("Il Lodato") nel VII secolo dell'era volgare scrisse il Corano ("Lettura") e fondò la religione Islamica, riconducendo le varie deità che avevano fino ad allora popolato il politeismo arabo, ispirato a quello semitico, all' unico Dio rivelato dal profeta : Allah.
Racconta l'Antico Testamento : "In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque" (Gen. 1, 1). Dunque, in principio nulla esisteva se non la Somma Divinità, la quale decise di dare origine all'Universo e, quindi, di perfezionare la sua opera iniziale, tenebrosa e deserta, creando la luce e separando da essa le tenebre; ed inoltre separando il firmamento dall'ammasso della prima materia e le terre dal mare. Dopo, creò le piante e gli animali sulla terra, le stelle nel cielo, i pesci nelle acque, gli uccelli nell'aria e, infine, l'uomo (Gen. 1, 2, 30).
Così, il problema del "DA DOVE" per gli ebrei, i cristiani ed i maomettani appare risolto: l'uomo deve la sua esistenza ad un Dio unico, distinto dal mondo, artefice di tutto.


domenica 11 novembre 2007

INCIPIT

Dunque, il dilemma apparentemente è il seguente : l'universo, la materia e, poi, l' essere vivente risalgono all'atto
creativo di una intelligenza e di una volontà soprannaturali , oppure provengono dal fenomeno fisico del c.d. "Big Bang",
la immane esplosione cosmica da cui tutto avrebbe avuto origine?
Va detto che il dilemma è apparente, perchè non è ancora dimostrato che nihil est tertium. Comunque, resta propedeutico
alla domanda che non possiamo fare a meno di porci : "QUALE DOPO ?".

domenica 21 ottobre 2007

PROPOSTA DI DISCUSSIONE

Da dove viene e dove va l'uomo?
La teoria della "creazione" fonda l'origine dell'uomo su una concezione metafisica e teologica: l'uomo è il prodotto di un atto creativo della divinità. Nelle religioni v'è sempre una divinità creatrice o più divinità creatrici di tutto ciò che esiste. La teoria dell'"evoluzione biologica" fa discendere la nascita dell'uomo dal fenomeno naturale della comparsa sulla terra, quando le condizioni fisiche del pianeta lo consentirono, di alcune forme semplicissime di vita, gradualmente sviluppatesi verso forme via via più complesse nelle quali si strutturarono le diverse "specie".
Nel mezzo, la teoria del "disegno intelligente" tende a conciliare la concezione religiosa con quella scientifica sostenendo che la evoluzione delle specie degli esseri viventi non può riportarsi ad eventi meramente casuali, ma è avvenuta in virtù di un progetto superiore, cioè di un piano provvidenziale voluto e congegnato da Dio.
Qual è stato e qual è il pensiero filosofico davanti alla domanda : donde deriva l'universo in cui viviamo e donde deriviamo noi stessi?
La filosofia orientale (dal "vedismo" al "buddismo, dal "confucianismo allo "scintoismo") cerca la risposta nell'esperienza spirituale ed intimistica dell'uomo, ma non affronta il problema con il ragionamento, sicchè le soluzioni simboliche e mitologiche che propone non appagano la esigenza di una conoscenza razionale. La filosofia occidentale, che si radica nel pensiero greco, cui va riconosciuto il merito di aver cominciato a riflettere con "metodo logico" in ordine alle "verità" dell'"essere" e del "dover essere", è pervenuta a molteplici soluzioni, sovente contrastanti. Ad esempio, soluzioni che pongono tali verità al di fuori ed al di sopra del mondo fisico (soluzioni trascendenti); oppure che la scoprono insita nel mondo stesso (soluzioni immanenti); oppure che la negano del tutto o negano la possibilità della sua conoscenza ( soluzioni scettiche). Divisioni queste però molto schematiche, perchè non sempre le soluzioni maturate dai filosofi sono state così nette e rigorose, potendo esse rientrare in più schemi.






giovedì 18 ottobre 2007

L' ESSENZA DELL' UOMO

La facoltà di pensiero è la luce della conoscenza (Fuerbach). Il pensiero è l'essenza dell'uomo (Cartesio). Ma da dove viene e dove va l'uomo? Vogliamo ragionarci?