martedì 18 dicembre 2007

LA VERITA' DEI FILOSOFI : DAI PRESOCRATICI AD ARISTOTELE

La "verità" - ciò di cui siamo angosciosamente alla ricerca - è stata oggetto dell'indagine del pensiero dell'uomo orientale ed occidentale sin dal momento in cui essi si posero il probema di questo valore della vita. Ma con approcci diversi : in Oriente mediante un'esperienza interiore ed ineffabile, lungo la strada di un'iniziazione individuale, non comunicabile e trasmissibile ad altri perchè irrazionale; in Occidente attraverso la conoscenza razionale dei vari aspetti della realtà.
In Europa il pensiero speculativo, inteso come ricerca del vero e del principio delle cose, è iniziato in Grecia, anche se il probema comincia ad essere trattato nelle cosmologie mistiche dei poeti (1).
I più antichi filosofi presocratici dell'VIII e del VII secolo a.C. (di essi abbiamo testimonianza diretta attraverso vari frammenti dei loro scritti (2) ed indiretta attraverso le citazioni di scrittori posteriori) nel domandarsi quale fosse l'origine del mondo (nell'affrontare cioè il problema cosmologico) si dettero dapprima delle risposte ingenue ed elementari, concependo la materia come un di per sè vivente (ilozoismo, dal termine greco hyle, materia) e, quindi,  identificando il principio di tutte le cose nell' acqua (TALETE) o nell' aria (ANASSIMENE). Altra volte l'origine del momdo fu visto nel numero (PITAGORA e la sua Scuola, sorta a Crotone. nella Magna Grecia)) o in una sostanza primordiale, infinita e indefinita : l' àpeiron (ANASSIMANDRO).
Più tardi, nel VI secolo a.C., la concezione della materia o di un termine puramente mentale come principi originari del mondo fu superata dalla concezione dell' Essere Assoluto, uno, immutabile ed eterno (SENOFANE, PARMENIDE, ZENONE, MELISSO, della Scuola eleatica, sorta ad Elea, nella Magna Grecia). Per tali pensatori divenne però difficile spiegare come il mondo che deriva da un tale Essere sia invece molteplice, mutevole e soggetto al tempo. Questa difficoltà la dialettica greca, cioè l' arte dell'argomentare, ovvero l'arte di far derivare da alcuni principi fondamentali le conseguenze logiche del ragionamento, risolse spiegando che ciò che appare mobile nel tempo e nello spazio è immobile se considerato nella eternità della sua essenza : ad esempio, un'azione virtuosa " si svolge" e, quindi, si muove nello spazio e nel tempo, ma l'essenza della virtù che è in essa è immobile perchè è eterna.
Tuttavia, contemporaneamente, si affermò un orientamento del tutto opposto : non già la immobilità, ossia un principio trascendente, superiore al mondo sensibile, bensì il movimento è la vera realtà originaria (ERACLITO) (3), cioè un "divenire" senza fine, che scaturisce da un fuoco generatore. La legge somma della realtà è una  legge dinamica con un suo ordine ed una sua armonia, cioè il logos, ovvero la legge universale razionale, in quanto non promanante da una personalità assoluta, cioè da una divinità. Attorno all'orientamento del movimento si svilupparono varie filosofie, fra cui quella atomistica che vede l'universo costituito da infinite particelle indivisibili (gli "atomi", appunto) le quali si muovono continuamente nel vuoto dall'alto al basso e urtandosi si aggregano e si disgregano formando così i vari corpi (DEMOCRITO) : tutto è materiale, anche l' anima, e tutto è governato da forze fisiche che agiscono meccanicamente, ossia da un'energia fisica che pervade l'universo e che, immanente, lo spinge verso un continuo divenire.
Nel V secolo entrambi i cennati orientamenti vengono sottoposti a critica dai Sofisti. Se infatti tutto è in movimento, anche la verità sarà in continuo mutamento : pertanto di qualsiasi cosa potrà dirsi che è vera o falsa soltanto con riferimento all'attimo presente e relativamente alla persona che giudica (PROTAGORA). Per contro, se la verità fosse immobile essa sarebbe praticamente inesistente perchè non potrebbe esprimersi, dato che l'esprimersi sarebbe un movimento; se, poi, potesse esprimersi essa non potrebbe essere conosciuta, perchè anche il conoscere è movimento; se, infine, potesse essere conosciuta non potrebbe essere comunicata, perchè anche il comunicare è moto (GORGIA).
Il punto di arrivo  è, dunque, che una verità non esiste, ma esiste soltanto un giudizio di verità, formulato secondo l'utile individuale. Con i sofisti si affaccia il primo agnosticismo teologico
(Protagora e Gorgia) e il primo ateismo (Crizia e Prodico).
SOCRATE (3) si oppone all' utilitarismo dei sofisti : il "concetto" è la verità universale ed eterna che sta dietro il contingente.
In altri termini, vi è un valore universale che è possibile trovare togliendo dal "fenomeno" ciò che in esso ha un valore relativo e non essenziale: quel che resta è il significato concettuale del fenomeno. Quando Alcibiade gli domanda se era bene per lui diventare il Principe di Atene Socrate gli risponde che non si tratta di stabilire quello che vuol sapere Alcibiade, ma piuttosto se è bene che un uomo diventi principe di una città.
PLATONE sviluppa e perfeziona l'intuizione del concetto universale che restava in Socrate un dato relativo al pensiero umano e quindi esistente nel mondo degli uomini. Egli ritiene che vi sono due mondi : uno superiore ed uno inferiore : spirituale, immutabile ed eterno il primo; materiale, mutevole e temporaneo il secondo. Il mondo eterno è popolato da pure essenze, cioè le idee, vale a dire quegli stessi concetti socratici considerati al di fuori della mente umana, nella loro realtà assoluta. Il mondo corporeo non è altro che una imitazione del mondo delle idee : le idee sono quindi i "modelli eterni delle cose" e la imitazione avviene ad opera di una divinità creatrice che si avvale della materia secondaria, il Demiurgo. Tra le idee spirituali (ad esempio, l'Idea del Bene) e gli oggetti materiali che le imitano vi è poi un termine medio che partecipa alla pura essenza delle une ed alla pura materialità delle altre : questo termine è l' anima (4). Tutto ha un'anima, tutto ha una forza vitale che spinge la cosa ad imitare sempre più l'idea corrispondente. Il complesso di tutte le anime costituisce l'"Anima del Mondo", intelligenza diffusa nell'universo che collega il mondo corporeo a quello celeste e che nella sua
razionalità porta il ricordo delle idee eterne che ha visto nel mondo superiore (5).
ARISTOTELE accetta i due mondi fondati da Platone: quello immateriale e quello corporeo, ma invece di farne due mondi indipendenti, collegati da un semplice rapporto di imitazione, li rende necessari l'uno all'altro, sicchè nessuno dei due esiste senza l'altro : la forma è il principio immateriale, la materia quello corporeo; la forma è il principio attivo che per sussistere deve attuarsi nella materia; la materia è un principio passivo che diventa esistente solo quando in essa la forma si attua. Scindere i due principi, come fa Platone, sarebbe come precipitare entrambi nel nulla. In effetti la forma, in quanto necessità di attuazione è potenza : il passaggio dalla potenza all'attuazione è il divenire. Perciò l'universo - costituito da due mondi concentrici, l'uno celeste o sopralunare, l'altro terrestre o sublunare - è un processo continuo di attuazione della forma nella materia. Al di fuori dell'universo v'è DIO, il "motore immobile", perchè tutto muove senza muoversi : infatti, ogni movimento è la conseguenza di un continuo muoversi di ogni forma verso di lui. Dio è l'unica forma pura, sufficiente a se stessa ed in sè completa, in quanto non ha bisogno di attuarsi in alcuna materia. Dio è pensiero assoluto che pensa se stesso, quindi è "pensiero del pensiero".
Dunque, Aristotele fonda la metafisica, che definisce come la "filosofia prima", ovvero la scienza più alta, come "studio di Dio" (6).
E poichè la metafisica aristotelica sarà ripresa dai filosofi dei secoli successivi, fa d'uopo soffermarsi sul concetto di Dio che essa introduce.
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(1) Vedi Esiodo : "Teogonia".
(2) Vedi in Diels-Kranz la raccolta dei frammenti ritrovati, tr. it. di G. Giannantoni : "I presocratici. Testimonianze e
frammenti", La Terza, 1990.
(3) Socrate non ha lasciato scritti : la sua filosofia è conosciuta grazie a quanto di lui hanno riportato Senofonte nei
"Detti memorabili di Socrate", Platone nei 34 Dialoghi e 13 Lettere della "Apologia di Socrate", Aristotele nella
"Metafisica".
(4) Vedi, fra i Dialoghi di Platone il "Fedone".
(5) Vedi . fra i dialoghi di Platone, il "Menone".
(6) Vedi il Libro VI della "Metafisica", l'opera principale del filosofo, in 14 libri.

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