martedì 11 giugno 2013

STORIE DI DONNE NEL CORANO E NELLA TRADIZIONE ISLAMICA




"LA VERGINE MARIA E GESU'"
Miniatura persiana del XVII secolo


INTRODUZIONE
Nella società araba preislamica, la donna era disprezzata e vittima costante dell'oppressione; i suoi diritti erano calpestati ed i suoi beni negati. Era considerata un oggetto e non ereditava, dato che l'eredità spettava ai cavalieri, coloro che combattevano e tornavano col bottino. Peggio ancora: la si ereditava alla morte del marito, come si ereditava un semplice bene. Se il marito aveva avuto figli da un'altra donna, è il figlio maggiore che aveva diritto alla maggior parte dell'eredità, compresa lei: quindi non poteva uscire di casa che in compenso di un riscatto. L'uomo poteva sposare tante donne, quante voleva, ma la donna non aveva nessuna libertà per scegliere il marito, nè aveva diritti presso di lui. Questi aveva poteri quasi illimitati sulla donna. In quel periodo gli arabi addirittura non vedevano di buon occhio la nascita di una femmina; anzi la consideravano un malanno. Se gli si annunciava una femminuccia, il padre era preso da una grande tristezza come se una catastrofe gli fosse vnuta addosso. Gli arabi detestavano le femminucce al punto che le seppellivano vive. Era questa una pratica corrente in alcune tribù e le motivazioni di tale atrocità variavano dal timore del disonore, alla paura di una malformazione fisica. Il Corano stesso attesta una siffatta disumana consuetudine: “Quando s’annuncia ad uno di loro una figlia se ne sta corrucciato nel volto. Rabbioso. E s’apparta dalla sua gente vergognoso della disgrazia annunciata e rimugina fra sé  ignominiosamente se tenersela o seppellirla viva nella terra. Quant’è orribile il loro modo di giudicare” (Sura XVI : 58-59). La donna non godeva nemmeno dei suoi diritti naturali dato che perfino certi alimenti le erano vietati e riservati esclusivamente agli uomini: "Quel che nel ventre di questo bestiame è lecito per i nostri maschi è illecito per le nostre mogli” (Sura VI : 139). L'unico motivo di fierezza per la donna era la protezione che l'uomo poteva garantirle, l'esercizio della vendetta nel caso in cui fosse disonorata e la salvaguardia della sua nobiltà (cfr. Bernard Lewis: “Gli arabi nella storia”)
Indubbiamente nel mondo arabo l’avvento dell’Islam conferisce un tantino di dignità in più alla donna. In talune prescrizioni il Corano mostra di volerla onorare e rispettare. Innanzitutto, come si è visto, deplorando il costume di considerare una grande disgrazia la nascita di una figlia (v. Sura XVI citata), quindi riconoscendo il diritto della moglie alla dote, stabilendo il divieto per il marito di ereditare senza la di lei volontà, a meno che non abbia commesso una “turpitudine”; inoltre consentendole di rimaritarsi per riprendersi la dote (Sura IV:19); infine, limitando la facoltà di ripudio del marito a due sole volte (Sura II: 229). Tuttavia la sua condizione generale non migliorerà gran che. Nella Sunna di Sahih El-Bukhari (raccolta delle “consuetudini” e dei “detti” di Maometto) è scritto che il profeta Maometto afferma: “Ho visto che la maggior parte di coloro che sono nel fuoco dell’inferno sono donne… [poiché] esse sono ingrate verso i loro mariti e deficienti in intelligenza e religione. Esse sono pericolose e impure nei loro corpi e nei loro pensieri. Io non tocco la mano delle donne e bisogna impedire loro d’imparare a scrivere” (hadit 2541).
L’Islam resta riguardo alla donna una religione patriarcale, come dimostrano il Corano e la Sunna che affidano all’uomo il potere di governare la società e la famiglia e di prendere le decisioni. Esplicitamente il Corano sancisce il principio d’inferiorità sociale della donna: “Gli uomini sono superiori alle donne per le qualità per cui Dio li ha posti al di sopra di esse, e perché gli uomini impiegano i loro beni per dare la dote alle femmine. Le donne virtuose sono obbedienti e sottomesse; quanto a quelle di cui temete atti di disobbedienza, ammonitele, poi lasciatele sole nel loro letto” (Sura IV: 34). Questa inferiorità è sottolineata dalla circostanza che Allah nel dettare le sue prescrizioni si ri-volge direttamente agli uomini o impersonalmente ai “credenti”, anche quando detta le regole dirette a disciplinare i comportamenti delle donne. Le donne devono restare a casa ad educare i bambini ed a fare i lavori domestici, mentre gli uomini sono destinati al mondo esterno. Per di più esse hanno bisogno della protezione dell’uomo poiché da sole non hanno vita sociale. Dai versi 229-233 della II Sura e 128 della IV Sura si ricava che l’uomo può ripudiare la moglie in qualsiasi momento, mentre la moglie può farlo solo in caso di maltrattamenti o di indifferenza da parte del marito. Lo scopo del matrimonio è di rendere lecita la sessualità, sempre se esercitate nei periodi in cui la moglie si è “purificata dalle immonde mestruazioni” (Sura II: 222-223). Riguardo all’adulterio, sussiste la distinzione a seconda che esso sia commesso da un uomo o dalla sua compagna: la donna è confinata in casa fino a quando la morte non la chiami o che Allah decida diversamente, l’uomo invece sarà perdonato se avrà dato prova di pentimento (Sura IV: 15-16). Il valore della testimonianza di un uomo vale quella di due donne (Sura II: 282). I figli femmine ereditano la metà delle quote spettanti ai figli maschi (Sura IV: 11).
Altre conferme circa la inferiorità della donna rispetto all’uomo emergono: 1) dall’istituto della poligamia secondo cui l’uomo può sposare fino a quattro donne a meno che non tema di non essere giusto con loro, nel qual caso ne può sposare una sola o le ancelle in suo possesso (Sura IV: 3);  2) dalla pena di morte comminabile alla donna che abbia commesso “atti indecenti”, mentre all’uomo che si pente è riservato il perdono (Sura IV: 15-16);  3) dall’obbligo di modestia e riservatezza imposto alle donne, affinchè esse “abbassino gli sguardi e custodiscano le loro vergogne, non mostrino troppo le loro parti belle, eccetto quel che di fuori appare, e si coprano i seni d’un velo, e non mostrino le loro parti belle altro che ai mariti, ai fratelli… e non battano i piedi sì da mostrare le loro parti nascoste” (Sura XXIV : 31).
Nell'Islam, la Sharî'a (lett. "la Grande Via" o "la Via diritta") dettata da Allah nel Corano come un insieme di regole di buona azione nella vita di un musulmano, si integra con la tradizione profetica della Sunna, sviluppata nei secoli grazie all’attività interpretativa dei dottori della legge. Tale integrazione ha fatto sì che le norme della sharî'a quasi mai siano state applicate nella loro assolutezza, nemmeno durante l'era califfale. Ciò non ha sempre giovato allo status sociale della donna che talvolta ne è risultato migliorato rispetto alle prescrizioni coraniche (come, ad esempio, con riguardo alla disciplina del matrimonio), ma altre volte inasprito (come, ad esempio, con riguardo all’uso della copertura del volto, della escissione e delle mutilazioni sessuali al momento della nascita e della frequentazione delle moschee per l’esercizio della preghiera).

RASSEGNA DI PERSONAGGI FEMMINILI NEL CORANO
Al contrario della Bibbia, il Corano è poverissimo di riferimenti a figure femminili con un ruolo significativo nel sistema storico-religioso dell’Islam. Esse sono, per la mag-gior parte, tratte dalla tradizione ebraica ed indicate senza nome con intenti esclusivamente funzionali alla narrazione dei fatti, quali Elisabetta, moglie Zaccaria (Sura III: 40; XIX: 5-7); Maryam, sorella di Mosè (Sura XX: 40); Hawwa, moglie di Adamo (Sura II: 35; IV: 1; VII:12), Umm, madre di Mosè (Sura XX: 38; XXVIII: 7), Hanna, madre di Maria (Sura III: 35). Vi sono però poche altre figure ben descritte su cui vale la pena soffermarci.
1
MARYAM, la madre di Gesù.
Essa occupa un posto unico e particolare nel Corano: è l'unica donna che viene chiamata per nome ed è detta: "eletta e purificata, eletta tra tutte le donne dell'universo" (Sura III: 42). È citata nel Corano più che nei singoli vangeli e, inoltre, Gesù viene sempre chiamato "'Isa, figlio di Maryam". I musulmani, conformemente ai versetti coranici, credono in tutti i profeti, da Abramo a Mosè, a Gesù, ed ai libri rivelati, quali l’Antico e il Nuovo Testamento.
Il Corano, in numerosi sure e versetti, parla diffusamente di Maria e di Gesù Cristo. Esiste addirittura una sura intitolata a Maria (Sura XIX), nella quale sono descritte le sue virtù e le sue qualità. Secondo la Sura III (35-37), la moglie di ‘Imran (Anna) chiese a Dio un figlio da dedicare al servizio del tempio di Gerusalemme. Poco dopo rimase incinta e fece voto di rinunciare alla tutela del figlio atteso e di dedicarlo appunto al servizio del tempio. Trascorso il tempo, partorì, contrariamente alle attese, una figlia femmina, che venne chiamata Maryam, la "dedita al culto e al tempio". Questo avvenne quando il suo consorte Imran, prima della nascita della figlia, aveva raggiunto la pace eterna. La madre consegnò quindi la neonata al tempio, dove il profeta Zaccaria se ne assunse la cura e dove Maria trascorse parte della vita nell’adorazione di Dio. Ogni qualvolta Zaccaria entrava da lei vi trovava pronta frutta fresca e le chiedeva: «Da dove proviene tutto questo?». Maria rispondeva: «Mi viene da Dio».
La Sura XIX  ("Sura di Maria"), dal versetto 16 al 33 narra appunto la storia di Maria, di come ella, lontano dalla famiglia, mentre era nel tempio, protetta da un velo, intenta al culto divino, vide apparire l’angelo di Dio, Gabriele, in forma umana. Maria avanti a lui si rifugiò in Dio, ma l’angelo le disse: «Io sono stato inviato dal tuo Creatore affinché ti doni un puro figlio». Maria con stupore disse: “Com’è possibile se mai ho avuto rapporti con un uomo e mai sono stata donna corrotta?”. L’angelo rispose: “È volontà certa di Dio, ché per Lui è facile far nascere senza il concorso di un padre tale figlio che sia segno divino e fonte di clemenza per l’umanità”. Maria concepì Gesù Cristo e al momento del parto si recò in luogo lontano. Le doglie del parto la spinsero ai piedi di un albero secco e disse: «Oh, fossi già morta e dimenticata». In quel mentre sentì una voce che diceva: «Non essere triste», e un rivo d’acqua scorse davanti a lei e un dattero fresco cadde dall’albero ai suoi piedi. La voce disse: “Bevi l’acqua, mangia il dattero e rallegrati del nuovo nato e quando incontrerai la gente di’: “Ho fatto voto di stare in silenzio”. Quelli della sua gente la vide mentre teneva in braccio il neonato e con stupore le si rivolsero contro dicendo che suo padre non era un uomo malvagio né la madre una peccatrice. Allora ella indicò il neonato ed essi dissero: “Come può mai parlare un neonato?”. Il neonato (Gesù) parlò e disse: “Io sono il Servo di Dio, che mi ha dato il Libro e fatto Profeta e reso fonte di benedizione ovunque io sia e mi ha prescritto la Preghiera nel rapporto con Dio e l’Elemosina al servizio del popolo di Dio e amorevolezza verso mia madre. Sia pace su di me il giorno in cui nacqui, il giorno in cui muoio e il giorno in cui verrò risuscitato a vita”. Così, Gesù dimostrò l’innocenza e la purezza della propria madre e presentò sé stesso, che era stato concepito senza padre, come Segno di Dio.
Confrontando il racconto coranico della nascita di Gesù con il racconto biblico, va sottolineato quanto segue: Imran e Anna desideravano un figlio, ma Dio diede loro una figlia a indicare che dal punto di vista dell’essenza umana non esiste differenza tra uomo e donna e tra figlio e figlia e che come esseri umani hanno la stessa identità. E questa figlia concepì vergine il profeta Gesù , ma lo partorì umanamente, con le “doglie del parto”, tanto da farle urlare””Oh fossi morta prima, oh fossi ora una cosa dimenticata ed obliata” (Sura XIX: 23). Su questo punto i vangeli sono sibillini: ivi si parla anche dei fratelli di Gesù, ma sicuramente l’esegesi ed il magistero cattolici la vogliono “sempre vergine”, cioè vergine in perpetuo (cfr. Catechismo, 501); quelli delle chiese protestanti un po’ meno.

2
La REGINA DI SABA, una donna di potere abbagliata dalla magnificenza del re Salomone. 
Il Corano nella Sura XXVII ("Sura della formica") ci parla, dal verso 22 al verso 44, della regina di Saba. Chi era realmente la regina di Saba? Forse era solo una figura mitica. Come la Bibbia ebraica, anche il Corano non ne menziona il nome, malgrado alcune fonti arabe la chiamino BILQIS. La storia è simile a quella raccontata da 1Re 10:1-13 e da 2Cronache 9:1-12, ma cambia il punto di partenza: è Salomone che viene a conoscenza del regno di Saba perché quel popolo venera il Sole e lei stessa, la regina, è un’idolatra. Dopo aver mi-nacciato una guerra, il re d'Israele riceve la regina di Saba e la converte alla religione ebraica. Ciò che però sorprende è che una donna così saggia e prudente da scartare la soluzione delle armi in favore delle vie diplomatiche (“Quando i re entrano in una città la devastano ed i nobili suoi riducono a miserabili: così faranno quelli con noi. Ma io invierò loro un dono e staro a vedere che cosa mi riporteranno i miei messi” (XXVII: 34-35)) si lasci poi convincere che il Dio vero è quello di Salomone solo perché questi la sorprende con il suo palazzo pavimentato di cristalli, che ella scambia ingenuamente per una “grande distesa d’acqua”, al punto da “scoprirsi le gambe” pensando di bagnarsele nell’entrare. Insomma, è l’ammirazione per la “scienza” della gente di Salomone che la fa escamare : “Signore! Io ho fatto torto a me stessa , ma ora, come Salomone, mi do a Dio, il Signore del Creato”. In altre parole, una conversione promossa dallo splendore meraviglioso del palazzo di Salomone. Tuttavia, la ingenuità di Bilqis si spiega: la regina proveniva dalle povere lande etiope, dove era chiamata Machedà: essa non poteva non restare abbagliata dalla magnificenza del re Salomone.
In nessuna parte del mondo la leggenda della regina di Saba è più viva che in Etiopia. La leggenda locale conferma che ella rimase affascinata dalle capacità tanto decantate del potente re. Dalla loro unione sarebbe stato concepito Menelik, il cui significato intrinseco è "Figlio dell'uomo saggio". Questi avrebbe portato nel sangue le tracce di una ascendenza divina e sarebbe stato il capostipite di una stirpe salomonica; da qui nasce il fatto che gli Etiopi siano una un popolo eletto. Menelik, cresciuto e divenuto re, fece proprio il simbolo del leone di Giuda che innalzò ad emblema del proprio regno. Divenuto adulto, volle far visita al presunto padre Salomone e quando fece ritorno ad Axum, trafugò o gli fu affidata, l'Arca dell'Alleanza.
3
Oltre alla Madre del profeta Gesù, i musulmani venerano altre donne eccellenti, come KHADIJA, la prima moglie di Maometto; AISHA, la sposa bambina del profeta; FATIMA, l’unica figlia sopravvissuta. Ma le storie di questi personaggi, che ebbero grande importanza nella vita di Maometto, non sono narrate dal Corano, ma appartengono alla tradizione orale medioevale (hadith), raccolta nei libri dei “dottori” dell’Islam. Qui ricorderemo soltanto che senza i finanziamenti della matura ma ricchissima vedova Khadija, di quattordici ani più vecchia del marito (ne aveva 49 quando Maometto la sposò), il movimento religioso del Profeta non sarebbe mai decollato. Inoltre che Aisha (Maometto la sposò a sei anni, ma attese l’età pubera per consumare il matrimonio)) fu sospettata di aver avuto una storia adulterina con un giovane cammelliere e che, ritenuta innocente per volere di Allah, ebbe poi molta importanza nella stesura dei testi sacri dell’Islam e fu chiamata "Madre dei credenti" (Umm al-Muminīn). Infine, che Fatima fu l'unica figlia di Maometto ad assicurargli una discendenza, grazie alla nascita di due figli avuti dal matrimonio col cugino del profeta, Alī b. Abī Ṭālib, il promotore dello sciismo.
4
LA DONNA NELLA SOCIETÀ ISLAMICA MODERNA E CONTEMPORANEA.
Contrariamente a quanto si possa pensare, la condizione della donna presenta oggi grandi e profonde differenze nei diversi paesi islamici. L’argomento è di grande attualità, perchè, mentre tutte le grandi religioni sono in netto declino, l’Islam è l’unica fede che è in forte espansione, sia a causa di numerose conversioni, sia per l’alto tasso di natalità tra i fedeli di questa religione. Purtroppo, un forte ritorno dell’integralismo islamico rischia di peggiorare la condizione delle donne anche in quei paesi dove la situazione della donna era diventata migliore. Intanto occorre premettere che non è facile definire la posizione che la donna islamica ha assunto nel corso dei secoli nella società. Per farlo occorrerebbe analizzare a fondo come tale posizione è stata determinata all'interno delle varie correnti religiose islamiche. Infatti il Corano viene interpretato in molti suoi passi in modo differente dai modernisti, dai tradizionalisti e dai fondamentalisti. Le più importanti correnti religiose nel mondo islamico sono quella sciita e quella sunnita. La differenza fondamentale fra questi due gruppi è che i sunniti ritengono errore ogni tipo di innovazione non presente nella Sharia, mentre gli sciiti sono aperti a determinate bid'a (innovazioni). Non tutti i paesi islamici sono conformi alla stessa corrente di pensiero, quindi la condizione della donna varia da paese a paese; inoltre varia anche in ragione della situazione sociale ed ambientale in cui la vive. Bisogna anche considerare che spesso nelle popolazioni prevalgono le tradizioni popolari che in molti casi sono più antiche della formazione dell'Islam. L'Islam ha influito sulla posizione femminile, ma non è stato l'unica causa di una società androcratica. Per quanto riguarda le differenze fra i modernisti e i tradizionalisti ci limiteremo a darne una visione di massima. I tradizionalisti, come afferma il loro nome, tendono ad affidarsi agli hadith (tradizioni) stabiliti anche dai fuquaha (giureconsulti medioevali). I modernisti molto spesso ignorano totalmente le tradizioni e cercano di analizzare il Corano nel suo "spirito". I tradizionalisti invece, come i fondamentalisti, lo interpretano alla lettera
L’avvenimento più rilevante che ha influito sulla condizione della donna nel mondo islamico è sicuramente stato l’avvento al potere in Turchia di Kemal Ataturk che depose l’ultimo sultano e proclamò la repubblica nel 1923. Da quell’anno fu riconosciuta la parità dei sessi e fu abolita la poligamia, l’età minima alla quale le ragazze potevano contrarre matrimonio fu innalzata a 15 anni, il divorzio divenne un diritto anche per le donne e le donne ottennero il diritto al voto prima di molti paesi europei. Inoltre fu riconosciuto alle donne il diritto all’istruzione e fu reso facoltativo l’uso del velo. In effetti la società turca diventò una società molto avanzata e moderna, anche se questo vale sopratutto per le grandi città: nelle campagne sopravvissero le antiche tradizioni islamiche e la Turchia continuò ad essere teatro di raccapriccianti esempi di violenza e maltrattamenti sulle donne. Oggi le donne turche sono medici, avvocati, giudici, giornalsti, etc… Tuttavia, grazie al voto delle campagne ed ai massicci finanziamenti provenienti dall’Iran, il potere in Turchia è andato sovente in mano a partiti che non nascondono la loro mal celata intenzione di islamizzare nuova-mente il paese. Per ora, la società civile ha reagito bene. forte sopratutto del fatto che la Costituzione del 1923 è garantita dalle Forze Armate.
In Iran è avvenuto invece esattamente il contrario: nel 1979: con l’ascesa al potere degli Ayatollah, un paese moderno, civile e laico cadde da un giorno all’altro nelle mani di una sorta di preti sessuofobi che trasformarono una società avanzata e progredita in un paese represso, triste e cupo. Il simbolo di questa tragica improvvisa trasformazione è quello delle ragazze che prima indossavano i bluejeans ed ora sono costrette in neri vestiti, quando possono uscire di casa. In Iran però vi sono forti resistenze a questo stato di cose: per esempio il regime non è mai riuscito ad impedire che le donne frequentassero scuole ed università.
L’Iran è una Repubblica Islamica, cioè adotta come legge dello stato la Sharja che prevede la lapidazione per lo adulterio e la prostituzione e la pubblica flagellazione per reati quali non portare il velo o non avere un abbigliamento “tradizionale”, come, per esempio, indossare pantaloni. Per i rapporti sessuali prematrimoniali, talvolta viene praticata la fustigazione e talvolta la lapidazione. Diffuse sono poi anche le mutilazioni inferte alle donne come il taglio del naso o delle orecchie.
La Sharja è in vigore ufficialmente anche in altri paesi come l’Arabia Saudita, ma è praticamente applicata in tutto il mondo islamico, sopratutto in Mauritania, Sudan, Somalia, Somaliland, Yemen, Ciad, regioni dell’Afghanistan e del Pakistan controllate dai Talebani, Nigeria settentrionale, nelle campagne della Malaysia, dell’Indonesia e del Bangladesh.
Un’altro aspetto raccapricciante che riguarda la condizione della donna nell’Islam è il fenomeno delle mutilazioni genitali femminili, assolutamente non prescritte nemmeno dalla Sharja. Il fenomeno riguarda circa 150 milioni di donne ed ogni anno 2 milioni di bambine. Non entriamo nel dettaglio e nelle tipologie di queste pratiche, informazioni comunque facilmente reperibili.
Decisamente migliore è invece la situazione della donna in paesi islamici come la Tunisia, l’Algeria, il Marocco, l’Egitto, la Giordania, la Siria ed in parte anche la Libia. In particolare in Tunisia ed in Egitto la situazione è paragonabile a quella della Turchia. Confortante, almeno per ora, è la situazione in Tunisia: le donne costituiscono un terzo dei docenti universitari tunisini, il 58% degli studenti universitari, più di un quarto dei giudici, il 23% dei membri del Parlamento ed hanno forte rappresentanza in polizia e nelle forze armate. Il tasso di analfabetismo delle donne è crollato a picco dall’82% del 1966 al 31% del 2004.
Singolare è il caso della Siria: questo paese che, in politica estera è decisamente schierato con i paesi islamici più intransigenti, al suo interno concede larghe libertà alle donne. Si stima che il 40% delle donne siriane non porta il velo e molte di esse esercitano le professioni di avvocato, medico, ecc. Ma l’attuale situazione conflittuale interna tra tradizionalisti e modernisti potrebbe portare ad un’avanzata dell’integralismo.
Per quanto riguarda l’Iraq, dobbiamo ammettere che, sotto la dittatura di Saddam Hussein, la condizione della donna era paragonabile a quella dei paesi occidentali, ma ora sta decisamente peggiorando, in quanto la maggioranza sciita della popolazione mostra oggi una forte tendenza ad applicare la Sharja.
Ma forse, come sostengono molti osservatori occidentali, il problema principale della donna nei paesi islamici e nelle comunità islamiche in Europa ed America non sta nella legislazione ufficiale, ma all’interno della famiglia: l’Islam riconosce al marito il diritto di picchiare la moglie e sono molte diffuse le violenze sessuali su vittime anche mino-renni nell’ambito della famiglia. Il fatto è che, nella cultura islamica, una bambina è considerata “donna” dal momento in cui raggiunge la pubertà: si calcolano in 60 milioni le spose con un’età inferiore a 13 anni. D’altra parte Maometto sposò Aisha all’età di 6 anni ed è espressamente detto negli hadith che il matrimonio fu consumato quando Aisha aveva 9 anni.
Un’altra piaga per le donne nel mondo islamico è quella dei matrimoni combinati: uomini, anche anziani, sposano bambine a causa di accordi interfamiliari.
Chiudiamo ricordando che i mussulmani nel mondo sono ormai un miliardo e quattrocento milioni, più della metà dei quali sono donne….

◘ ◘ ◘