martedì 26 giugno 2012

OMAGGIO AL PADRE SOLDATO

Nell'articolo "L'artiglieria italiana negli Anni Venti", pubblicato sul portale di storia militare “icsm.it”, il redattore ci informa diffusamente sulle carenze qualitative e quantitative della nostra artiglieria nella Prima Guerra Mondiale, sia a livello di armamenti che a livello di personale militare di comando. Egli scrive che "La guerra mise in luce la scarsità e la mediocrità del materiale a disposizione ed in particolare la mancanza di bocche da fuoco campali leggere a tiro curvo" e che "L'artiglieria fu l'unica tra le armi combattenti ad iniziare il conflitto con una carenza di ufficiali subalterni alla quale si fece fronte con ufficiali di cavalleria destinati ad incarichi non tecnici", aggiungendo che "Con l'aumento delle batterie e la necessità di nuovi quadri i criteri di selezione furono resi meno rigorosi e gli standard qualitativi necessariamente abbassati". Dall'articolo si ricava che soltanto dopo la fine della guerra iniziò un vero processo di ammodernamento e di potenziamento dell'Arma, il che ci indurrebbe a credere che il contributo da essa dato alla vittoria fu di poca importanza.

Tali assunti non concordano pienamente con altre fonti storiche. Ad esempio, nel libro "L' artiglieria italiana nella Grande Guerra", a cura di Curami A. e Massignani A., Editore Rossato 1998, si legge che "All'inizio della guerra la maggior parte dell'artiglieria impiegata era del tipo leggero e di accompagnamento della fanteria, poichè i vertici militari avevano pensato di dover affrontare una guerra di movimento di breve durata. Quella che invece si rivelò una guerra di trincea e di posizione impose il rafforzamento dell'artiglieria pesante e di montagna, l'adeguato munizionamento della stessa, la riorganizzazione del trasporto del materiale bellico, il conforme aggiornamento tecnico, strategico e tattico dei comandanti di Corpi d'Armata. Il miracolo si compì entro il mese di marzo 1918!". D'altronde, lo stesso articolista non può fare a meno di annotare, riportando il pensiero del Generale Cadorna, che "Le operazioni di attacco della fanteria furono paralizzate dalla grande penuria di 'potenti' artiglierie' ". La quale affermazione dimostra che in principio non già di bocche da fuoco leggere si sentì la mancanza, bensì di pezzi pesanti. Ma, soprattutto, le sue informazioni non concordano con quanto mi raccontava con fierezza ed orgoglio mio padre, classe 1896, che fu artigliere nel 33° Reggimento di stanza sui dorsali e sulla cima del Monte Grappa e che partecipò alla cosiddetta Battaglia di Arresto del novembre-dicembre 1917 ed alla Battaglia del Solstizio del giugno 1918; battaglie nelle quali, grazie all'ottima preparazione degli ufficiali ed al grande spirito di sacrificio dei soldati addetti alle batterie dei cannoni da 149 mm. e degli obici da 150 mm., il Regio Esercito Italiano riscattò il rovescio di Caporetto e volse a suo favore le sorti della guerra.

Cicerone nel "De oratore" ammonisce che "La storia deve essere testimone dei tempi e della verità". E la verità, quella intera, è che l' Arma di Artiglieria contribuì in misura determinante al successo finale delle nostre truppe, sì da meritare la Medaglia d'Oro al Valore Militare con la seguente motivazione: "Sempre ed ovunque con abnegazione prodigò il suo valore, la sua perizia, il suo sangue, agevolando alla fanteria, in meravigliosa gara di eroismo, il travagliato cammino della vittoria per la grandezza della patria".























































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